Il mondo del lavoro tra giovani, salute e nuove sperimentazioni

Il mondo del lavoro sta cambiando, e così anche la sensibilità dei lavoratori e delle lavoratrici: nuovi bisogni e aspettative accompagnano la ricerca di un’occupazione, mentre si accendono i riflettori sui rischi per la salute correlati al sovraccarico fisico e mentale. La necessità di allontanarsi da una cultura che ostacola un reale equilibrio vita-lavoro è chiara soprattutto alle generazioni più giovani ed è alla base delle sperimentazioni più recenti in ambito aziendale.

La festa del 1° maggio è un’occasione per riflettere sul ruolo chiave della “cura” nei luoghi di lavoro e sulle alternative possibili al sistema attuale: fare attenzione ai bisogni delle persone e al loro benessere, infatti, è il primo passo per prendere le distanze da una retorica nociva basata sul superlavoro, sul privilegio e sulla performatività estrema.

Andrea Colamedici e Maura Gancitano, ideatori di Tlon e autori del libro “Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo”, approfondiranno il tema nel corso dell’omonimo Valore D Talks “Ma chi me lo fa fare?” in programma il 4 maggio alle ore 17.00.

 

La felicità sul lavoro

 

Le imprese che oggi si impegnano per generare un impatto a livello sociale e di governance non possono trascurare l’importanza e il benessere del capitale umano. La felicità di lavoratori e lavoratrici, infatti, è un fattore determinante per le aziende perché produce valore e si traduce in un maggior coinvolgimento e senso di appartenenza.

Nel documento La policy perfetta della felicità in azienda – presentato da Valore D nel 2019 – la felicità viene analizzata nei due aspetti individuati dal premio nobel Daniel Kahneman: da una parte, l’evaluated well being, la parte più razionale della felicità, quella che si prova dopo aver fatto un’analisi dei costi e dei benefici di un’esperienza vissuta; dall’altra, l’experienced well being, che coincide con il flusso emotivo che si sperimenta quando si vive un’esperienza che rende felici.

Questi elementi, in ambito lavorativo, si traducono in due variabili diverse e complementari: la soddisfazione e le emozioni positive. La prima incide sulle scelte di carriera e sull’employer branding; la seconda sulla produttività, sull’engagement e sulla salute. I vantaggi per le aziende sono numerosi: meno turn over e assenteismo, migliori performance e maggiore produttività, riduzione dei costi legati alle inefficienze. Per i dipendenti, invece, i benefici consistono in un aumento della soddisfazione e della qualità del lavoro, maggior tranquillità emotiva e più serenità, più qualità nella vita privata e migliori condizioni di salute.

 

Lavoro e salute

 

Al riguardo, tuttavia, i dati globali più recenti riguardanti la salute fisica e psicologica della forza lavoro delineano un quadro poco felice e rassicurante. A pesare è soprattutto il sovraccarico lavorativo: oltre un terzo di tutti i lavoratori lavora regolarmente più di 48 ore a settimana – limite previsto dalla prima Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) del 1919 – , riportando una minore soddisfazione nella vita privata e peggiori condizioni di salute (ILO “Working time and work life balance around the world” 2023).

Secondo un’analisi ILO e OMS lavorare oltre 55 ore a settimana incrementa il rischio di malattie, in particolare cardiopatie e ictus (A systematic analysis from the WHO/ILO Joint Estimates of the Work-related Burden of Disease and Injury, 2021). I livelli di stress incidono non solo sul corpo, ma anche sulla mente: in base alle stime più recenti, infatti, ogni anno si perdono 12 miliardi di giornate lavorate a causa di depressione o ansia, con un costo per l’economia globale di quasi mille miliardi di dollari (ILO & OMS, Mental Health At work, 2022).

 

Millennials e GenZ

 

In Italia la media di ore lavorate a settimana, se si considerano tutti i lavoratori, anche quelli part-time, è di 37.3 ore, in linea con la media europea di 37.2 (Eurostat, 2021).

Tuttavia, i dati riguardanti la cessazione dei rapporti di lavoro hanno registrato un sensibile aumento: solo nel 2021, infatti, sono stati rilevati 10,6 milioni di rapporti di lavoro cessati (+1,3 milioni, pari a +13,6%, rispetto al 2020). La causa di conclusione è rappresentata in prevalenza dalla scadenza naturale del contratto (66,2%) ed è seguita dalla cessazione richiesta dai lavoratori (19,3%), un dato in crescita sia rispetto al 2020 (-2,5 punti percentuali) sia rispetto al 2019 (+3,0 punti) (Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie 2022, Ministero del lavoro).

Come evidenziato in una ricerca di Deloitte (Global 2022 GenZ and Millennial survey, Deloitte, 2022), quando si tratta di dimissioni e di scelta di un nuovo lavoro, sono i giovani – in particolare Millennials e GenZ – ad avere le idee più chiare. In Italia, infatti, le ragioni principali che spingono le due generazioni alle “grandi dimissioni” sono lo stipendio ritenuto troppo basso, l’assenza di work-life balance, il rischio di burnout (più sentito per GenZ) e la mancanza di senso di appartenenza (più sentito per Millennials).

Di contro, i fattori che pesano di più nella scelta di un’occupazione sono il work life balance e le opportunità di apprendimento e di crescita. L’equilibrio vita-lavoro è rilevante in particolar modo per i Millennial: per il 36% di loro, infatti, la garanzia di un adeguato bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata è il primo fattore quando si cerca un nuovo impiego. Rilevanti anche i numeri sul lavoro da remoto: attualmente, infatti, quasi la metà della GenZ e dei Millennial italiani lavora quasi sempre in ufficio, ma la maggior parte (67% GenZ e 63% Millennial) preferirebbe un modello di lavoro ibrido.

 

Nuove sperimentazioni

 

Oggi il dibattito sul benessere dei lavoratori non riguarda più soltanto l’organizzazione del lavoro da un punto di vista spaziale (in presenza, da remoto, ibrido), ma anche sotto un profilo temporale.

Uno studio pilota condotto su 61 aziende in Gran Bretagna ha messo in luce i risvolti positivi della settimana lavorativa di quattro giorni – a fronte dei tradizionali cinque giorni – senza diminuzione dei salari. Si tratta di una formula innovativa che sempre più Paesi stanno prendendo in considerazione per valutare l’effetto a medio e lungo termine sulla qualità del lavoro e sulla salute delle persone. Occorre, infatti, verificare l’applicabilità di questa soluzione in aziende con dimensioni e ambizioni diverse, ma in attesa che si stabiliscano i reali benefici, la formula vincente sembra in ogni caso essere quella basata sulla flessibilità, caratteristica ormai irrinunciabile per chi cerca lavoro.

Al riguardo, la lezione lasciata dal Covid è che riorganizzare il lavoro è possibile, così come adoperarsi per fare spazio a una cultura basata sulla collaborazione, sulla motivazione e sul senso di scopo comune.

Benché la strada sia ancora lunga, è importante, infatti, continuare ad impegnarsi andando oltre le logiche tradizionali del lavoro per ripartire dai bisogni delle persone e della società.

 

Valore D Talks | Ma chi me lo fa fare?

 Giovedì 4 maggio 2023 ore 17:00

 

 

È proprio vero che se amiamo il nostro lavoro non lavoreremo mai un giorno nella nostra vita? Efficienti, dinamici, creativi, ma anche sovraccarichi, avviliti, depressi, stanchissimi: perché oggi il lavoro è tutto e tutto è lavoro. A partire dal libro “Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo”, Andrea Colamedici e Maura Gancitano ci accompagnano in una riflessione sullo sviluppo odierno del concetto di lavoro: dalle retoriche sul privilegio e sul merito, alla cultura del superlavoro e alla continua spinta performativa. Una conversazione per immaginare insieme nuove soluzioni che permettano di reinventare il mondo del lavoro.

Con Andrea Colamedici e Maura Gancitano, filosofi e scrittori, ideatori di Tlon.

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