Lara Lago è giornalista e produttrice di Sky, attivista per la body positivity e autrice di “Il peso in avanti”, pubblicato nel 2023.
A 33 anni inizia a raccontare sui social il proprio corpo, quello che il politicamente corretto vorrebbe “diverso e non conforme” e che lei, invece, definisce “grasso”, rivendicando la natura pulita di questo aggettivo, al pari di magro, alto, basso.
Poter usare questa parola e molte altre per il senso che hanno, potersi vestire e mostrare secondo i propri desideri è una conquista importante della quotidianità, che la giornalista vorrebbe fosse di tutte le persone, soprattutto di quelle che non rientrano nei modelli imposti dagli standard della società.
“La domanda è sempre quella: perché magro è una parola che puoi dire senza nessun tipo di problema, è quasi un complimento, mentre grasso è quasi un insulto? A volte sembra che ci sia un po’ di paura nel dire le cose come stanno: io ho un corpo grasso, è una caratteristica del mio corpo e quindi la accetto. Sono fatta così.”
Canoni estetici e salute mentale, grassofobia e fat shaming
Laureata in scienze della comunicazione, Lara Lago entra nel mondo del giornalismo quasi per caso muovendo i primi passi nella redazione di una tv locale in Veneto. È qui che si scontra per la prima volta con una realtà lavorativa in cui magrezza e bellezza canonica sembrano essere valori. E così, grazie alla dieta dei carciofi, raggiunge la sua massima magrezza ma anche il punto più basso della sua salute mentale.
“Perdo 14 Kg in due mesi, finalmente ho il physique du rôle, sono la giornalista bionda con la collana di perle. Cosa succede in quel momento della mia vita? Arrivano gli attacchi di panico. Perché quella cosa là non sono più io.”
Con grassofobia si intende il pregiudizio nei confronti delle persone giudicate in sovrappeso, un pregiudizio talmente diffuso da non venire sempre riconosciuto: dai negozi di abbigliamento in cui spesso le taglie arrivano solo fino alla L, ai sedili di treni o aerei troppo piccoli fino a un’assistenza sanitaria spesso non adeguata. Talvolta però la grassofobia sfocia in veri e propri episodi di discriminazione e bullismo. Uno dei neologismi introdotti dal dizionario Zanichelli 2023 infatti è proprio fat shaming, cioè la derisione di una persona per il suo peso considerato eccessivo.
Ancora oggi i corpi magri e la bellezza standard sono ritenuti strumenti utili, e talvolta necessari, al fine del successo professionale. In uno studio pubblicato già nel 2015 “The affective and interpersonal consequences of obesity” i ricercatori hanno riscontrato che il 45% dei datori di lavoro intervistati era meno incline ad assumere un candidato obeso, evidenziando inoltre come le persone obese siano spesso pagate meno all’inizio, vengano considerate non adatte a ruoli di leadership e siano addirittura vittime di discriminazione ed episodi di bullismo. Altri studi internazionali rivelano come soprattutto le donne incontrino difficoltà ad essere assunte o ad avere un’equa progressione di carriera e salariale se sono obese e di bassa statura, in particolare nelle professioni a contatto con il pubblico legate alla rappresentanza o ai rapporti commerciali.
Dall’Italia all’Olanda: la scoperta della body positivity
La consapevolezza di Lago arriva al termine di un percorso iniziato da ragazzina, con la prima dieta: una battaglia con se stessa durata decenni e conclusasi con un trasferimento all’estero per lavoro, dove scopre che il suo corpo e il suo modo di vestire in realtà non hanno importanza per gli altri.
“Mentre in Italia il mio corpo era quasi uno strumento di lavoro, scopro che ad Amsterdam questa cosa è considerata sinonimo di poca professionalità. Sono le tue idee che ti portano avanti, a prescindere da come appari. […] Più comincio ad avvicinarmi, ad essere in linea con quello che veramente voglio essere, più i miei colleghi fanno il tifo per me.”
Un altro termine entrato nel linguaggio collettivo è body positivity. Le sue radici risalgono addirittura agli inizi degli anni 70 in America nel periodo delle contestazioni per i diritti civili, con la creazione dei primi gruppi di difesa dei diritti delle persone grasse e il fat manifesto del 1973. Da allora gli attivisti hanno sempre combattuto e protestato pubblicamente, ma è solo con gli anni 2000 e internet che hanno potuto dare nuova forza alla loro voce.
Per Lago la scoperta del significato più vero e profondo del body positivity avviene grazie a un’avventura di poche ore che però le cambia la vita per sempre: una fotografa la invita a prendere parte a una sfilata pubblica in compagnia di altre donne grasse, ad andare incontro alla sua più grande paura. In quel momento la giornalista non è attenta alle persone che la guardano, ma alle ragazze che la stanno abbracciando.
“Sento proprio la presenza dei loro corpi che mi proteggono e siamo tutte quante la stessa cosa. Con gioia, con tantissimo orgoglio e con tantissima consapevolezza sfiliamo. E questo è il momento in cui inizia il mio attivismo.”
Lara Lago oggi conduce per Sky la rubrica settimanale “Caro Corpo”, in cui parla di accettazione, diritti e identità, nella società e nel mondo del lavoro.
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