Violenza economica: contrastarla con l’educazione finanziaria

Quando si parla di violenza sulle donne si pensa principalmente a quella fisica e a quella psicologica. La violenza di genere può essere, però, anche di tipo economico. Oggi che ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è bene ricordare anche questo aspetto. La violenza economica è un fenomeno di cui sia ha ancora una conoscenza scarsa e di cui si parla poco. Si può definire come la forma di violenza attraverso cui si esercita il potere nelle relazioni di coppia con atteggiamenti che ostacolano l’indipendenza economica della vittima, per metterla in una condizione di subordinazione, dipendenza e controllo. Se ancora oggi le donne sono penalizzate sotto molti punti di vista, è proprio la mancanza di un reddito autonomo a limitare la libertà di scelta e di autodeterminazione, oltre che l’autostima. Ed è la mancanza di indipendenza economica a rendere difficile l’uscita delle donne da situazioni di violenza.

 

Ma qual è la situazione attuale per quanto riguarda l’indipendenza economica femminile?

Un mercato del lavoro non ancora paritario, né in termini di salari né di posti di lavoro, la cura della famiglia e delle persone fragili ancora delegata in prevalenza alle donne, il tasso di occupazione femminile tra i più bassi in Europa, le difficoltà nella carriera sono tutti tasti dolenti della condizione femminile. Inoltre la pandemia ha accentuato lo scenario di incertezza economica, allargando questa forbice di disparità in maniera preoccupante. “Molte donne oggi non dispongono di alcuna risorsa finanziaria, ma l’autonomia finanziaria femminile – ha recentemente commentato il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Piero Cipollone, a un recente convegno sull’educazione finanziaria – porta benefici alle donne e all’economia nel complesso”.

 

Il 34% delle vittime di violenza riferisce di aver subito anche violenza economica

La DiRe, raccogliendo informazioni da più di 80 centri anti-violenza sulle donne in Italia, resoconta che nel 2020 le donne hanno sporto denunce prevalentemente per violenze di tipo psicologico (79%) e fisico (61%), ma anche economico (34%).  Secondo quanto riportato in articolo del Sole24 Ore, è interessante notare che la violenza economica è trasversale: non dipende dalle fasce di reddito, per esempio, così come dalla classe sociale di appartenenza. Ne sono vittime, allo stesso modo, casalinghe e professioniste e riguarda una fascia d’età compresa principalmente tra i 40 e i 60 anni. Questo profilo emerge dallo sportello Miaeconomica dell’associazione Pangea, dedicato proprio alle donne vittime di violenza economica. Su 94 donne prese in carico, solo 6 sono risultate autonome nei redditi e ben 88 erano totalmente dipendenti economicamente dal partner violento. Tutte subivano forme di violenza multiple in ambito domestico. Inoltre, una recente indagine del Museo del Risparmio, riportata all’interno dello stesso articolo, evidenzi che quasi il 14% delle donne non possiede alcun conto bancario, a fronte di poco meno del 10% degli uomini.

 

Meno fiducia nelle proprie capacità di gestione delle finanze

“L’alfabetizzazione degli italiani in tema di finanza è poca e, più che in altri Paesi, esiste un divario di genere” ha dichiarato il vicedirettore generale della Banca d’Italia Cipollone. Difficile non pensare che alla base di questa situazione non ci siano ragioni culturali, che alimentano la disparità. In questo contesto, percorsi di educazione finanziaria possono rappresentare un valido strumento per prevenire e combattere la violenza economica. Donne finanziariamente più consapevoli, infatti,  affrontano meglio le sfide quotidiane legate alle scelte finanziarie e possono riconoscere e gestire eventuali abusi di tipo economico. Per questo, di recente la Ministra Bonetti ha dichiarato “dobbiamo rivolgerci alle bambine, far presente che il mondo delle STEM e le competenze finanziarie sono correlati; dobbiamo promuovere il reskilling per chi è già nel mondo del lavoro, ad esempio grazie agli investimenti previsti dal PNRR. Queste competenze saranno necessarie per combattere la violenza economica e per questo dobbiamo raggiungere le donne superando lo stereotipo che non siano in grado o non siano interessate a temi finanziari ed economici”.

Favorire percorsi di autonomia e di emancipazione è l’obiettivo della proposta del reddito di libertà, uno strumento che serve ad aiutare le donne vittime di violenza con un contributo economico di 440 euro mensili, per un massimo di 12 mesi, anche senza figli. Il reddito di libertà è pensato prioritariamente per garantire autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale.

 

L’educazione alla gestione delle finanze migliora l’autoefficacia delle donne.

Conoscenza e autostima contro la violenza economica

Il contesto della violenza mina l’autostima e la fiducia, per questo bisogna agire sulle leve delle conoscenze ma anche della stima di sé per contrastarla.

Secondo i dati della Ricerca Agos Monitor nella quotidianità, infatti, le donne non sono affatto digiune di gestione finanziaria. La maggior parte prende decisioni su questioni come le spese quotidiane o l’amministrazione del budget familiare. Ma la loro sfera di influenza si estende ad argomenti abitualmente considerati più lontani, come i temi di gestione del denaro della famiglia e gli investimenti. La donna in realtà dichiara di avere voce in capitolo anche in aree tradizionalmente di competenza maschile come la gestione del condominio e delle bollette o l’acquisto e la gestione di auto e moto, anche se sembra trattarsi soprattutto di supporto al decisore, più che di una vera co-decisione.

Sempre più madri sono single, lavoratrici e capofamiglia. Ciò sta favorendo consistentemente il consolidamento delle competenze economiche e finanziarie del capitale umano femminile. Questo ruolo ad ampio spettro di autonomia risulta meno presente nelle situazioni di coppia e famigliari più classiche, dove il principio della delega e della ripartizione dei ruoli resta prevalente. Quando si tratta di intervenire sull’acquisto di una casa o su un investimento, spesso si tirano indietro, non tanto perché ne sappiano meno degli uomini, ma perché è maggiore la consapevolezza di non saperne abbastanza. Sono quindi più caute e convinte di non essere all’altezza.

 

Lavorando sulla prevenzione e sul contrasto alla violenza economica, diffondendo e rendendo accessibili informazioni di pianificazione famigliare in un percorso di consapevolezza volto al raggiungimento di competenze economico-finanziarie di base, si potranno disinnescare molte delle situazioni di isolamento economico e sociale che portano a esiti più gravi. Un lavoro di empowerment e di rafforzamento che diventa uno degli aspetti importanti per garantire alle donne vittime di violenza economica una via d’uscita. E un inizio di una nuova vita.

 

 

 

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