Per uscire dalla trappola demografica sosteniamo l’occupazione femminile

La preoccupante fotografia dell’Istat: nel 2019 solo 435mila nascite a fronte di 647mila decessi. Aumenta ancora l’età media delle madri, fra le più alte dell’Unione Europea, la popolazione in continuo calo. Lo rende noto l’Istat nell’annuale rapporto sugli indicatori demografici.

 

Un Paese che sta invecchiando

Nel 2019 è stato registrato il livello più basso di “ricambio naturale” degli ultimi 102 anni, mentre il numero medio di figli per donna è di 1,29, in sostanza stabile rispetto alla precedente rilevazione.
L’età media delle madri, come abbiamo anticipato, è fra le più alte dell’UE – 32,1 anni – con i «tassi di fecondità che continuano a mostrare un sostanziale declino nelle età giovanili (fino a circa 30 anni) e un progressivo rialzo in quelle più anziane (dopo i 30)» riporta l’Istat.

La situazione si fa più complessa quando associamo a questi dati sul calo delle nascite, e quindi delle generazioni più giovani, quelli sull’aumento della speranza di vita: cresce di un mese arrivando a 85,3 anni per le donne e a 81 per gli uomini.
Per capire l’attualità e l’urgenza di questo tema bisogna partire dai dati: oggi nel pianeta ci sono tre ragazzi per ogni anziani mentre in Italia la proporzione si è capovolta, tanto che ogni 3 giovani ci sono 5 anziani.

 

Tasso di fecondità femminile per età. Fonte: Istat 2020.

 

Le conseguenze, come ha commentato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sono l'”indebolimento del tessuto del Paese e riguardano il rischio di insostenibilità per la previdenza, le incognite sui flussi migratori e i conseguenti mutamenti sociali, il rallentamento dell’innovazione.

 

Sulle sfide dell’invecchiamento della popolazione secondo il World Economic Forum vi abbiamo parlato qui

 

Uscire dalla trappola demografica sostenendo l’occupazione femminile

Come risposta a questi dati, richieste di misure di sostegno alle donne e alle famiglie sono arrivate da tutto il mondo della politica, mentre Save The Children ha lanciato un allarme sullo «smottamento demografico». Le insufficienti politiche di sostegno occupazionale, insieme al perdurare degli stereotipi, vanno a influenzare le scelte delle giovani coppie, modificando e rinviando eventuali progetti di fecondità.

Inoltre, in un mercato del lavoro ostile alla maternità e alla carriera femminile e in presenza di un welfare ancora inadeguato, sono soprattutto le donne che vogliono proteggere il proprio lavoro, salvaguardare le proprie aspettative professionali e il loro investimento in istruzione. Il lavoro delle donne è una componente essenziale per l’equilibrio economico familiare e le misure a vantaggio dello stesso favorirebbero la ripresa demografica.

 

Uno sguardo all’Europa

Ma non solo sulle donne deve gravare il compito di cura: i Paesi in cui c’è un saldo demografico positivo ci parlano di una relazione positiva tra figli e occupazione femminile.

 

Un articolo di oggi su La Stampa propone una panoramica sulle misure a sostegno delle madri al lavoro nei Paesi europei.

Nel 2016 la Francia ha destinato 53 miliardi (2,5% del Pil), alla voce «famiglia e figli». Il premio alla nascita è il primo aiuto: 927 euro per ogni bebè. Fino ai tre anni del figlio viene pagato un assegno mensile di 185 euro: più bambini, meno tasse

La Svezia spende il 3% del Pil contro l’1,8% dell’Italia. Il congedo parentale è tra i più generosi al mondo: 480 giorni complessivi per i due genitori, di cui 390 retribuiti all’80%, e gli asili hanno costi accessibili.

La Finlandia comincia a sostenere la maternità dalla baby box, inviata a tutte le future madri. Il permesso di maternità arriva fino a 10 mesi retribuiti per le donne. Per i padri ci sono altri incentivi. C’è un sussidio mensile per ogni figlio fino all’età di 17 anni. E sul lavoro sono previste indennità parentali.

In Germania i sussidi per la nascita sono molto alti: oltre 2mila euro per ogni figlio. Il welfare familiare prevede un posto all’asilo nido di diritto per ogni famiglia. I congedi parentali sono flessibili: ci si può assentare dal lavoro per un totale di 24 mesi fino al compimento dell’ottavo anno di età del bimbo o lavorare part-time ricevendo dei benefit.

 

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