Gender pay gap: le leggi per colmare il divario di retribuzione

Qual è la cornice legale entro cui ci muoviamo per ridurre il gender pay gap? Quali leggi sono in vigore e quali sono le proposte attualmente in discussione?

Innanzitutto, a introdurre un divieto legale alla discriminazione ed eliminare gli ostacoli “che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità” e a “favorire l’occupazione femminile” è il “Codice delle pari opportunità”, che fra le altre cose fissa un principio fondamentale: l’impegno da parte del Stato di “superare condizioni, organizzazione e distribuzione e del lavoro” che provocano discriminazione nella formazione, nell’avanzamento professionale e di carriera, ovvero nel trattamento economico e retributivo. Andando più nel dettaglio, è l’art. 46 del Codice che dispone l’obbligo per le aziende pubbliche e private che occupano oltre 100 dipendenti di redigere un rapporto almeno ogni 2 anni sulla situazione del personale della retribuzione effettivamente corrisposta.

A tal proposito ricordiamo la ricerca dell’Harvard Business Review, il primo studio empirico sull’impatto della trasparenza salariale obbligatoria: i  risultati di tale studio suggeriscono che la comunicazione delle disparità retributive di genere riduce di fatto il divario retributivo.

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Quali sono le attuali proposte di modifica?

Alcune proposte per il superamento del divario retributivo tra donne e uomini e per favorire l’accesso delle donne al lavoro sono state assegnate alla Commissione Lavoro della Camera, dove non è ancora iniziato l’esame.
Una prima proposta si muove secondo due direttrici: contrastare il gap retributivo di genere sia attraverso misure premiali per le aziende che rimuovono le discriminazioni, sia l’adozione di una serie di misure per facilitare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, favorendo la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro (ad esempio, con l’innalzamento dell’indennità del congedo parentale, ferie solidali o la creazione di asili aziendali).

 

Applicazione del Codice a un numero crescente di aziende

C’è anche una proposta di modifica all’articolo 46 del Codice estendendo l’applicazione alle aziende con oltre 50 dipendenti (mentre al momento sono destinatarie della norma solo le realtà con oltre 100 dipendenti) oppure l’On.le Benedetti, mira ad estendere la platea di imprese destinatarie alle aziende che impiegano oltre 25 dipendenti.

 

Le leve di premi o di sanzioni

Inoltre, al fine di contrastare la disparità salariale, si vogliono introdurre misure sanzionatorie in caso di omessa trasmissione da parte delle aziende del rapporto sulla situazione del personale: da una sanzione fino all’1% del monte retributivo aziendale alla sospensione dei benefici contributivi e fiscali eventualmente goduti dall’azienda per un anno.

La proposta di legge di On.le Gribaudo  dispone inoltre la pubblicazione nel sito del Ministero, dell’elenco delle aziende virtuose che hanno trasmesso il rapporto, ma anche delle aziende che non lo hanno trasmesso. E che la relazione biennale sull’applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità nel lavoro sia svolta dalla consigliera o dal consigliere nazionale di parità.

 

Anche a livello locale si registrano iniziative ridurre il divario salariale: al Consiglio regionale della Lombardia, ad esempio, il Pd ha proposto di creare un albo regionale riservato alle imprese lombarde che praticano la parità salariale o che mettano in atto scelte e azioni che vadano nella direzione della parità.

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