Indipendenza economica, uno strumento di libertà e contrasto alla violenza

In occasione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Valore D invita a riflettere su una forma di violenza ancora poco riconosciuta – quella economica – e sull’importanza dell’indipendenza finanziaria quale fonte di emancipazione femminile e strumento di contrasto a situazioni di abuso.

Cristina Sivieri Tagliabue, Direttrice de La Svolta, ha affrontato il tema insieme all’economista Azzurra Rinaldi nel corso del Valore D talk “Signore e signori, parliamo di soldi!”, con la partecipazione di Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D, e Giulia Minoli, Presidente della Fondazione Una Nessuna Centomila.

La registrazione della diretta è disponibile sul canale youtube di Valore D.

 

Una parola, molte declinazioni

 

L’art. 3 della Convenzione di Istanbul definisce la violenza contro le donne “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”.

Secondo il Report annuale di D.i.Re, pubblicato a luglio 2023, la forma più frequente di violenza esercitata contro le donne è quella psicologica, seguita da quella fisica. Almeno 1 donna su 3 subisce violenza economica, mentre la violenza sessuale e lo stalking sono agite in un numero di casi più basso.

L’andamento è analogo a quello riportato nell’indagine ISTAT del 2021, che vede prevalere la violenza psicologica (89% circa) e quella fisica (68% circa) seguite dalla violenza economica (38% circa).

La violenza economica, nello specifico, ha carattere trasversale: è indipendente dalle fasce di reddito, riguarda un’età compresa principalmente tra i 40 e i 60 anni, e affonda le radici nella relazione che le persone instaurano con il denaro sin dall’infanzia.

Questo tipo di violenza può essere considerato un modello di controllo che impedisce alla donna di guadagnare e di gestire in autonomia le risorse della famiglia e si concretizza in comportamenti dell’uomo volti a depotenziare la propria partner, appropriandosi del suo reddito o facendo in modo che non lavori. Queste condotte rendono la donna dipendente dal punto di vista economico e finanziario, privandola della possibilità di autodeterminarsi e della libertà di allontanarsi da eventuali situazioni di pericolo – un fenomeno che si verifica anche a livelli socioeconomici elevati.

Secondo i dati di D.i.Re, le donne che vengono accolte nei centri anti-violenza, oltre a denunciare casi di violenza psicologica (per il 79%) e fisica (al 61%), sono vittime anche di violenza economica (al 34%).

 

Redditi personali e abitudini di spesa: cosa dicono i dati

 

Grafica con dati sull' indipendenza economica delle donne

 

Dalla ricerca “Donne e denaro: una sfida per l’inclusione” pubblicata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e Banca Widiba nel 2022, è emerso che in Italia una donna su tre non ha una fonte di reddito personale.

Un altro dato significativo è quello riportato da Mastercard nella ricerca “Donne e finanza: ritratto delle donne italiane tra inclusione e gender gap” del marzo 2023: ben sette donne su dieci hanno dichiarato di avere una scarsa conoscenza finanziaria e tra coloro che non si sentono finanziariamente indipendenti, più della metà (50,8%) ha affermato di non guadagnare abbastanza, trovandosi dunque ‘costretta’ a dipendere da qualcun altro.

Il 71,6% delle donne intervistate ha, inoltre, affermato di spendere la maggior parte del proprio denaro in spese casalinghe, bollette, cibo e/o carburante. Questa percentuale sale del 10% nella fascia d’età 60-75 (81,7%). La spesa per le bollette di casa risulta essere tra le principali voci che vanno ad erodere i risparmi delle donne italiane (52,4%), valore che sale leggermente nella fascia più giovane 25-39 (57,5%).

Quanto ai risparmi, il 16,1% delle donne intervistate confessa di non riuscire a mettere nulla da parte, mentre solo il 18,8% afferma di riuscire a risparmiare meno del 5% del proprio stipendio mensile.

 

Alla base della violenza economica

 

Gli stereotipi di genere rappresentano un ostacolo alla partecipazione finanziaria delle donne: non di rado queste ultime stentano a riconoscere di trovarsi in una situazione di violenza economica proprio perché sin dall’infanzia sono state educate a considerare normali determinati comportamenti, in particolare quelli apparentemente benevoli che in realtà contribuiscono ad alimentare una visione della donna dedita alla cura domestica e inadatta alle questioni economiche.

Proprio per questo è fondamentale ripensare il modo in cui l’educazione finanziaria viene insegnata alle bambine per far sì che, una volta adulte, abbiano consapevolezza dei propri diritti e delle proprie possibilità.

Alcuni studi, come la ricerca Monitor Report condotta dall’agenzia Childwise nel Regno Unito, hanno dimostrato le diverse abitudini delle famiglie nella gestione della paghetta ai propri figli: è emerso, infatti, non solo un pay gap di circa il 30% tra maschi e femmine, ma anche una maggiore regolarità nel modo in cui i soldi vengono dati ai primi rispetto alle seconde. Le conseguenze di questo approccio tendono poi a ripercuotersi sul modo in cui donne e uomini nell’età adulta si relazionano con il denaro, sia in ambito privato sia in ambito lavorativo. Ad esempio, uno studio condotto da Linda Babcock, professoressa di Economia alla Carnegie Mellon University, su 78 neolaureati in cerca di occupazione ha evidenziato che solo il 12,5% delle donne ha negoziato il proprio stipendio prima di accettare un’offerta lavorativa, contro il 52% degli uomini. È emerso, inoltre, che anche quando le donne trovano il coraggio di negoziare, chiedono in genere il 30% in meno rispetto agli uomini.

 

Indipendenza economica e nuove generazioni

 

Per le donne, dunque, il denaro è da sempre un tema-tabù che, come sottolineato da Azzurra Rinaldi nel suo saggio “Le signore non parlano di soldi”, ha un legame intrinseco con alcuni concetti-chiave molto complessi, come desiderio, potere e piacere.

Una delle condizioni imprescindibili per le donne per sfuggire a situazioni di violenza economica è guadagnare un proprio reddito – una possibilità non sempre realizzabile considerati i carichi di cura non retribuiti – e avere un proprio conto personale, da cui attingere senza dover ricorrere all’intermediazione del partner.

Al riguardo, la ricerca promossa da Mastercard ha evidenziato come la propensione all’indipendenza si leghi anche a una questione generazionale. In particolare, per 7 donne italiane su 10 l’indipendenza finanziaria è uno degli obiettivi principali da perseguire, anche se il 74,9% ha una visione pessimista del futuro, soprattutto nelle fasce d’età superiori ai 40 anni.

Sono le donne più giovani, quelle tra i 25 e i 39 anni, a manifestare il desiderio più forte di essere autonome economicamente (75,1%).

Per le donne, oggi, discutere di denaro è dunque il primo passo per rompere i tabù, per migliorare le proprie competenze e la propria autoefficacia, per decostruire stereotipi, allontanarsi dalla violenza, per acquisire consapevolezza.

La libertà economica, infatti, non è mai solo un punto di arrivo, ma spesso anche un punto di ripartenza.

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