In Italia lavora 1 donna su 2, penultimo posto nella classifica Eurostat: il più grande freno alla crescita

L’Italia è in coda alla classifica europea dell’occupazione femminile, una delle più pesanti diseguaglianze che caratterizzano il nostro Paese. Una diseguaglianza che è anche un freno alla crescita. Riprendiamo l’articolo di Gabriele De Stefani su La Stampa di oggi che riflette sull’occupazione delle donne e l’impatto della pandemia sui progressi in tema di parità di genere.

 

Donne e giovani affrontano gravi difficoltà occupazionali

L’occupazione femminile in Italia è al 49% e il divario con il resto d’Europa è notevole: la media Ue rilevata da Eurostat è del 67,7%. Per le giovani generazioni va meglio: tra le ragazze con meno di trent’anni, il 25,4% non lavora, non studia e non cerca un occupazione. Non sorprendono quindi i dati sulla sfiducia: in Europa sono 8,6 milioni i cittadini che si definiscono “sfiduciati” e di questi uno su tre vive nel nostro Paese, dove tre milioni di persone non cercano nemmeno più un lavoro.

«La recessione figlia della pandemia, rispetto alle altre grandi crisi del passato, ha la particolarità di aver colpito più i servizi della manifattura e per questo ha penalizzato maggiormente le donne» riflette Andrea Garnero, economista dell’Ocse. Nell’ultimo trimestre, ad esempio, l’Istat segnala che 249 mila dei 400 mila posti andati in fumo erano occupati da donne. «In altri Paesi questa differenza è stata meno marcata, perché in Italia è più spiccata la divisione per comparti, con settori a netta prevalenza maschile e altri, come i servizi alla persona, in cui lavorano soprattutto donne. Una svolta è necessaria, anche perché una bassa occupazione femminile è un pesantissimo freno alla crescita: famiglie con un solo reddito hanno meno entrate, quindi spendono meno, investono meno e chiedono meno servizi».

 

La recessione della pandemia ha colpito di più i servizi della manifattura, penalizzando maggiormente le donne
La recessione della pandemia ha penalizzato maggiormente i settori produttivi a con più alta concentrazione di donne.

 

Persiste il gender pay gap

A proposito di redditi, in Italia resta ampia anche la forbice delle retribuzioni: il “Global Gender Gap Report” del World Economic Forum  – di cui vi abbiamo parlato qui – ci colloca al 63° posto tra i 156 Paesi analizzati. A pesare negativamente è la partecipazione economica, che ci vede scivolare al 114esimo posto, fanalino di coda a livello europeo: persistono le disparità di reddito e le donne in posizioni manageriali sono ancora poche. Avanti di questo passo, serviranno 135,6 anni per colmare il divario, a livello globale. Un bilancio nettamente peggiorato nell’anno segnato dal Covid: la pandemia ha fatto crollare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, non sono in Italia ma in tutto il mondo. In parallelo sono diminuite le opportunità per le ragazze e le madri hanno visto ulteriormente appesantirsi il carico delle incombenze di cura. «Servono misure specifiche – ha commentato Saadia Zahidi, direttrice generale del World Economic Forum –. Penso alla definizione di obiettivi di genere specifici per il recupero delle assunzioni e alla riqualificazione professionale per chi occupava ruoli che difficilmente torneranno. Poi vanno alzati i salari per i lavori essenziali che sono svolti soprattutto da donne, come il settore infermieristico o la prima linea dell’insegnamento scolastico».

 

Per scoprire tutti i dati del Global gender gap Report

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