È online il Gender Policies Report 2022, il rapporto dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), che offre una panoramica del mercato del lavoro in ottica di genere, a partire dalle criticità strutturali che ancora oggi incidono sulla partecipazione femminile fino alle sfide connesse al mondo del digitale.
Nonostante il tasso di occupazione abbia toccato quota 60,5%, il gap di genere è ancora al 18%: stando alle stime del nuovo rapporto INAPP, infatti, la percentuale di uomini occupati è del 69,5, mentre le donne sono ferme al 51,4%. La disoccupazione femminile supera quella maschile di oltre due punti percentuali (9% contro il 6,8%), ma il divario aumenta per i giovani fra i 15 e i 24 anni con tassi del 32,8% per le ragazze e il 27,7% per i ragazzi.
Anche sul fronte dell’inattività, la forbice si amplia: le donne inattive (non occupate e non in cerca di occupazione) rappresentano, infatti, il 43,4 %, mentre gli uomini solo il 25,3%. Dai dati del Report emerge che i carichi familiari sono la ragione principale dell’inattività femminile – e l’ultima di quella maschile – in particolare nella fascia di età 25-34.
Nel complesso, la situazione femminile registra un calo soprattutto in termini relativi: come dichiarato da Stefano Fadda – presidente dell’INAPP – “se confrontiamo questi dati con quelli del 2021 vediamo che i tassi di occupazione crescono di più per gli uomini che per le donne (+1,7% contro +1,4%) e che la disoccupazione cala in misura maggiore per gli uomini (-1,2% contro -0,9%). L’inattività diminuisce per uomini e per donne, ma per queste ultime cala solo quella legata a studio e formazione, mentre invece cresce quella legata a motivi familiari”.
Le donne continuano a sperimentare una condizione di grande instabilità lavorativa: rappresentano, infatti, solo il 35% dei 764.870 contratti a tempo indeterminato attivati nel primo semestre 2022. A pesare sulla situazione femminile è, inoltre, la presenza di una doppia criticità, c.d. “debolezza rafforzata”, data dalla combinazione di forme contrattuali precarie e a tempo parziale, che per le donne costituiscono la forma tipica di ingresso nel mercato del lavoro: su tutti i contratti attivati nella prima metà del 2022, infatti, il 49% è part-time (per gli uomini solo il 26,2%).
Quanto alla possibilità di conciliare vita privata e sfera lavorativa, il 76% delle occupate italiane e il 68% degli occupati affermano di seguire orari di lavoro rigidamente determinati dal proprio datore (nella media Ue27 sono invece il 62% degli uomini e il 57% delle donne a dichiararlo). In linea di massima, maggiore flessibilità è riconosciuta soprattutto alle persone con titolo di studio elevato, occupate in posizioni qualificate o con un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, mentre a livello europeo le differenze tra uomini e donne all’interno di queste categorie sono meno marcate, le donne italiane dispongono invece di margini di flessibilità più ristretti rispetto agli uomini con le stesse caratteristiche.
Il rapporto dell’INAPP analizza, inoltre, il settore del lavoro domestico, che ad oggi conta circa 2 milioni di famiglie e una crescente domanda rivolta soprattutto ad attività di cura. Al suo interno si riscontra una netta prevalenza della componente femminile, per il 60% straniera, con un’età media in progressivo aumento compresa tra i 45 e i 59 anni.
Il lavoro domestico, tuttavia, è segnato anche da un’ampia quota di lavoro sommerso: il 68,3% delle persone impegnate in questo tipo di attività non ha alcuna formalizzazione contrattuale e di conseguenza alcuna tutela. A questo fenomeno, si aggiunge inoltre un 34,3% di lavoro grigio, per cui a fronte di un contratto di lavoro formalizzato, il numero di giornate di lavoro dichiarate è inferiore a quelle effettivamente prestate.
In conclusione, il report si sofferma su un nuovo fenomeno, ovvero quello delle discriminazioni legate all’uso degli algoritmi nelle piattaforme digitali. Il rischio segnalato è che gli algoritmi, riproducendo i pregiudizi esistenti nella mente di chi li programma, possano inficiare alcune dinamiche tipiche del mondo del lavoro, dalla selezione del personale alla definizione delle retribuzioni alla valutazione delle performance, mettendo a rischio neutralità e obiettività e ponendo in essere discriminazioni di genere sia dirette che indirette.
Da qui la necessità evidenziata nel rapporto di rendere più trasparente il management algoritmico e di approfondire il legame tra digitale e condotte discriminatorie soprattutto in una società liquida, dematerializzata, iperconnessa e in costante evoluzione come quella attuale.
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