Gender pay gap, la corsa impari tra uomini e donne sul lavoro

La Repubblica riporta oggi un interessante approfondimento sul divario di genere, dal titolo “Gender gap, le donne presentano il conto”. In particolare un articolo di Luisa Grion approfondisce il “gender pay gap” la differenza che corre, a parità di mansione, fra lo stipendio di un uomo e quello di una donna. Cosa c’è dietro il gap? Come si può misurare?

 

Misurare il gender pay gap

Eurostat misura il divario retributivo uomo-donna partendo dalla retribuzione oraria lorda (gender gap unadjusted) di chi lavora in aziende con almeno dieci dipendenti. Un indice che assegna all’Italia una posizione quasi sorprendente. Il gap c’è, ma molto più basso rispetto alla media europea: si ferma al 5,3% contro un media dei 28 paesi Ue del 16,6%. Questa prima misurazione non tiene in considerazione il tasso di occupazione e il titolo di studio, né distingue tra settore pubblico o privato. per cui il sistema italiano risulta così sopravvalutato.

“È proprio il settore pubblico che fa guadagnare all’Italia un buon posto nella graduatoria ” dice Ulrike Sauerwald, responsabile della ricerca per Valore D “In Italia nel settore statale la presenza femminile è molto forte e il contratto presenta condizioni di genere eque, nel privato non è sempre così”. È più facile risultare equilibrati se i premi di produzione, per esempio, sono distribuiti a pioggia o se l’anzianità ha ancora un peso nelle carriere.

“Scorporando i due settori il gender gap del pubblico scende al 4,4% mentre quello del privato sale al 17,9%. In nessun altro paese europeo la distanza è così evidente e ciò spiega in buona parte la posizione dell’Italia nella classifica generale” sottolinea Sauerwald.

 

 

Le conseguenze della disuguaglianza: part time involontario e segregazione occupazionale

Invece nell’ indice Eurostat che tiene conto del numero di ore lavorate sulla retribuzione mensile lorda, la differenza in busta paga fra uomo e donna sale al 23,7 % contro una media europea del 29,6 %. Le donne lavorano spesso part time, circa la metà delle lavoratrici. Spesso però non è una scelta: è imposto dalla necessità di cura o dalla mancanza di servizi: secondo i dati Istat il 19,5% delle donne occupate lavorano in part time involontario.

 

E ancora più cupo è il quadro che emerge calcolando il divario complessivo. In Italia, infatti, le donne che lavorano sono solo il 50,1 %, portando il gender gap al 43,7% conto una media europea  del 39,6%. Con la conseguenza che nel loro complesso le donne italiane godano di una minore autonomia finanziaria.

 

 

Consapevolmente o meno, le donne cadono ancora nel tranello della segregazione occupazionale, scelgono lavori più adatti allo stereotipo femminile, caratterizzati da retribuzione bassa e scarsa prospettiva di carriera, ma più compatibili con la gestione delle responsabilità familiari.

Il problema non è solo delle donne, ma dell’intera economia e della possibilità di ripresa per l’Italia, una priorità essenziale per il rilancio del nostro Paese.

 

Valore D promuove la campagna per la parità salariale #nopaygap. Impegniamoci insieme per raggiungere questo obiettivo!

 

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