Il divario di genere nelle competenze digitali

L’influenza degli stereotipi socio-culturali, nella scelta degli studi prima e negli ambiti di specializzazione professionale poi, fanno si che ancora oggi c’è un vero e proprio divario di genere nelle competenze digitali. E questo in sintesi l’avvertimento che lancia oggi l’Ocse, nel rapporto “Bridging the Digital Gender Divide: Include, Upskill, Innovate“.

Un dato emblematico su tutti: a 15 anni solo lo 0,5% delle ragazze nei Paesi dell’Ocse aspira a diventare una professionista nel settore ITC (acronimo di Information and Communications Technology, ndr) rispetto al  5% dei ragazzi.
Più in generale, il doppio dei ragazzi rispetto alle ragazze vuole diventare ingegnere o scienziato. Anche se le ragazze si laureano in numero maggiore, con voti mediamente più alti e in tempi più brevi rispetto ai coetanei maschi, scontano comunque una penalità significativa, cioè quella di scegliere materie prevalentemente umanistiche che hanno un tasso di occupabilità molto inferiore rispetto alle materie STEM (dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics, ndr).  Infatti solo il 24% degli ingegneri e il 25% of degli informatici sono donne nei Paesi dell’Ocse. 

Questo si riflette anche sullo sviluppo professionale delle donne: solo il 10% delle start up innovative che hanno fatto ricorso a fondi di venture capital sono state create da donne, e imprese di questo tipo ricevono un quinto in meno dei fondi rispetto agli uomini (23%) e hanno il 30% in meno di probabilità di essere acquisite o di quotarsi in Borsa rispetto a start up al maschile.

C’è quindi una vera e propria discriminante di genere non solo nel numero di donne presenti in questo settore, ma anche nella loro capacità di crescere e sviluppare business in un mondo che parla ancora tutto al maschile.

Senza politiche mirate e piani d’intervento a livello istituzionale e socio-economico l’attuale divario di genere nelle competenze digitali sarà superato solo nel  in 2080. Un grido dall’allarme su un problema che rischia di compromettere ulteriormente la presenza delle donne nel mondo del lavoro.

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