Nuova proposta di legge per il congedo di paternità: perché fare il papà aiuta a colmare il gender gap

Congedo di paternità obbligatorio e retribuito per tre mesi: è questo l’obiettivo di una proposta di legge depositata alla Camera dai deputati a firma degli On. Fusacchia, Palazzotto, Muroni e Quartapelle. Alla conferenza stampa sono intervenute personalità del mondo dell’associazionismo, dell’imprenditoria e della ricerca, tra cui la Presidente di Valore D Paola Mascaro. In questa occasione la Presidente ha sottolineato che i papà vanno supportati, e al contempo, è necessario rafforzare la presenza femminile in campo lavorativo. Per questo è necessario “ribilanciare i ruoli”.

Un congedo di paternità obbligatorio per tutti i neo padri sarebbe una misura efficace di sostegno alla genitorialità, a una più equa condivisione dei compiti nella famiglia e all’occupazione femminile. Quanto importante lo dicono i numeri, soprattutto nella pandemia. In Italia, sono oltre 300.000 le donne rimaste senza un’occupazione nella crisi del 2020 (dato Istat), un numero tre volte superiore a quello degli uomini, con un gender gap che costa al Paese 88 miliardi di euro.”

Per questo Valore D sostiene che il congedo di paternità debba diventare obbligatorio e la sua durata aumentare, allineando così l’Italia a quanto già succede in altri Paesi europei.

 


 

Che cosa succederebbe se sempre più padri si assumessero le responsabilità di cura?

E se iniziassero a impegnarsi prendendo il congedo di paternità? Perché è ancora così poco sfruttato? Esploriamo i benefici del congedo di paternità, sia per le aziende che per i dipendenti, e capiamo come incide positivamente anche sulle possibilità lavorative delle donne e sull’economia.

Nei paesi dell’OCSE, l’utilizzo del congedo di paternità e parentale da parte degli uomini è complessivamente in aumento, anche se il numero di giorni presi è ancora piuttosto basso. Meno della metà dei papà approfitta di tutti i benefici di congedo che vengono loro offerti al di sopra del minimo legale. Complice il persistere di forti stereotipi culturali, evidenti anche nella gestione della vita familiare e lavorativa con la pandemia, come dimostra l’indagine #ioracconto realizzata da Valore D subito dopo il primo lockdown. Eppure il cambiamento è in atto: in Italia negli anni il numero di beneficiari del congedo è aumentato, passando dai 73mila del 2015 ai 135mila del 2019 secondo i dati dell’Inps. Una nuova ricerca McKinsey si è rivolta proprio ai papà che hanno usufruito del congedo di paternità, per indagare vari e inediti aspetti di questa esperienza.

 

Tutti i benefici del congedo di paternità

Quando i padri prendono il congedo dimostrano un maggiore investimento nella vita familiare, riducendo il peso della cura sulla madre e rafforzando le relazioni parentali, sottolinea McKinsey. Questo permette di gettare le basi per una distribuzione più equa delle responsabilità genitoriali, anche nel futuro. E non dimentichiamo che una maggiore condivisione delle attività domestiche è un driver significativo nella scelta delle donne lavoratrici di avere un altro figlio, andando a incidere anche sul tasso di fecondità, cronicamente negativo nella nostra società.

La scelta di ricorrere al congedo può anche portare a benefici finanziari per le famiglie. Il congedo di paternità aiuta le donne a sostenere i propri obiettivi professionali e a minimizzare l’impatto negativo sul progresso della carriera, contribuendo così a ridurre il divario salariale di genere: dall’indagine di McKinsey, infatti, è emerso che il periodo di congedo di paternità abbia favorito l’impiego femminile e il lavoro full time nelle coppie perse in esame, permettendo un aumento del salario delle madri nel breve periodo e contribuendo ad aumentare il benessere finanziario totale della famiglia nel lungo periodo.

 

 

Inoltre un periodo di congedo di paternità può tradursi in un aumento della felicità e dell’appagamento anche riguardo al posto di lavoro. Molti dei padri intervistati hanno detto di sentirsi più motivati e che stavano considerando di rimanere più a lungo nella loro organizzazione. Hanno anche detto che il congedo li ha portati a cambiare il loro modo di lavorare, diventando più produttivi, gestendo meglio le priorità e dando valore al loro tempo.

 

Perché la percentuale di padri che usufruisce dei congedi è così bassa?

Il 20% degli intervistati ha riconosciuto che il rischio di una battuta d’arresto nella propria carriera era il principale svantaggio che vedevano nel prendere il congedo.Tuttavia la maggior parte dei padri intervistati ha valutato i benefici superiori al rischio. Molti uomini sentivano anche che il loro congedo poteva ispirare altri padri a fare scelte simili. Un intervistato ha riportato che gli piace essere un esempio “per gli amici e la famiglia che un uomo di successo nel lavoro può orgogliosamente prendere il congedo di paternità”. Insomma, questi dipendenti possono diventare dei veri e propri role model per i colleghi e contribuire a rompere gli stereotipi radicati sul ruolo della donna e dell’uomo in ambito familiare e professionale. In conclusione i padri intervistati hanno concordato all’unanimità che i vantaggi dell’aver richiesto il congedo superano di gran lunga i rischi di rallentare la loro carriera: il 100% di loro è soddisfatto della propria scelta e usufruirebbe di nuovo del congedo di paternità.

 

Servono congedi di paternità sufficientemente lunghi per sviluppare processi di condivisione delle responsabilità familiari.

 

Cosa possono fare le aziende?

Viste le esperienze estremamente positive verso il congedo mostrate dalla ricerca e l’importanza di accelerare sulla parità di genere, offrire tutele per la paternità o estendere i benefici sembra essere un’occasione promettente per i datori di lavoro. McKinsey ha elaborato 5 azioni che le aziende possono mettere in pratica per favorire la diffusione dei congedi di paternità:

  1. Dare ai padri gli stessi benefici dati alle neo-mamme: fornire un periodo di congedo retribuito più lungo, offrire maggiore flessibilità nei tempi del periodo di congedo o aumentare il livello di sostegno finanziario fornito aiuterebbe i nuovi padri a sfruttare il congedo.
  2. Creare una cultura che incoraggi  il congedo di paternità: normalizzare la scelta del congedo e far sì che i padri possano condividere le loro esperienze positive  al riguardo è fondamentale.
  3. Chiarire l’impatto sulla carriera: nonostante il forte entusiasmo per il congedo di paternità, il 20% dei padri che abbiamo intervistato ha detto che il contraccolpo sulla carriera rappresenta una sfida. È importante creare un ambiente lavorativo in cui il congedo non influisca negativamente sulle promozioni.
  4. Supportare la reintegrazione dopo il congedo: alcuni padri hanno espresso difficoltà a reintegrarsi nella vita lavorativa, principalmente a causa della mancanza generale di modelli di ruolo. Dato il basso numero di uomini che prendono il congedo, molti datori di lavoro non hanno il supporto formale necessario per la reintegrazione. Disegnare politiche e processi dedicati ai dipendenti in transizione può fare la differenza.
  5. Stabilire politiche favorevoli alla famiglia per sostenere i padri lavoratori: dopo l’esperienza del congedo, molti padri vorrebbero rimanere altrettanto coinvolti nella vita dei loro figli. L’introduzione di modalità di lavoro più flessibili ha effetti concreti nel rapporto genitore-figlio e nella work-life balance.

 

Da ultimo, sottolinea McKinsey, offrire un congedo retribuito e costruire una cultura che lo sostenga può comportare un costo aggiuntivo per i datori di lavoro, ma i padri coinvolti nell’indagine hanno mostrato come un’esperienza positiva di congedo di paternità e beneficiare dei permessi parentali possano anche aumentare l’engagement e la retention dei dipendenti.

 

Ti interessa l’argomento? Puoi leggere anche “Verso la parità di genere nel lavoro di assistenza e cura”

Per approfondire puoi consultare la ricerca OCSE Parental leave: Where are the fathers?

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