Festa dei nonni: in Italia sono loro il vero welfare

I nonni spesso sono un sostegno e un aiuto per i lavoratori nella cura dei nipoti, sopperendo alle lacune del welfare, oltre che un ammortizzatore sociale per tante famiglie colpite dalla crisi e un contributo fondamentale al reddito.  L’aspetto che incide più di tutti, secondo gli italiani, è la difficoltà per molte famiglie di conciliare i tempi di lavoro con la cura dei figli e la gestione della casa (45%).  Ma con l’innalzamento dell’età pensionabile, cambierà il ruolo che avranno i nonni in futuro?

 

Il ruolo dei nonni: contributo al reddito e salvezza della carriera delle madri

Sono certamente un’ancora di salvezza i 12 milioni di nonni italiani, in alcuni casi l’unica fonte di welfare per le famiglie italiane. In primo luogo, nella cura dei nipoti (49%), badando a loro quando i genitori sono impegnati al lavoro (fonte: Osservatorio Reale Mutua). E un nonno su tre aiuta il bilancio familiare. Secondo una indagine della Coldiretti riportata dal Sole 24Ore per il 37% degli italiani i nonni danno un determinante contributo al reddito familiare, nonostante il 63,1% prenda meno di 750 euro al mese. Il 35% vede i nonni come a un valido aiuto per i bambini fuori dall’orario scolastico e poi un 4% si avvantaggia del sostegno a livello domestico dei nonni.

 

I nonni poi sono irrinunciabili sostegni alla carriera delle madri lavoratrici: una ricerca condotta dall’Università Bocconi di Milano, sempre riportata dal Sole 24 Ore, attesta che se i nonni si prendono cura dei nipoti le mamme hanno il 39% in più di probabilità di entrare nel mercato del lavoro o di mantenere il posto di lavoro. Ancora oggi, infatti, molte donne sono costrette a lasciare il posto di lavoro perché la carenza di posti negli asili nido in Italia è molto forte. E se non c’è l’aiuto dei familiari non hanno altra scelta che licenziarsi. L’Italia è uno dei Paesi europei con i livelli più bassi di occupazione femminile, ferma al 50,2%.

 

Ma se i nonni non ci sono, non hanno questa possibilità o lavorano?

I nonni sono dunque diventati un pilastro delle famiglie italiane, ma sono anche lavoratori. Cosa che potrebbe far venir meno questo grande aiuto offerto alle famiglie per l’aumento dell’età pensionabile che inevitabilmente costringe i nonni a stare a lavoro più a lungo. I nonni di oggi, rispetto al passato, sono anche, e sempre più, attivi e moderni: godono di buone condizioni di salute (41%), hanno maggiore dimestichezza con la tecnologia (40%) e un buon livello di istruzione (30%)​.

 

 

Inoltre, nell’ultimo ciclo di ricerca Talenti senza età: donne e uomini over50 e il lavoro” di Valore D abbiamo indagato il tema della motivazione al lavoro, valutate in base all’importanza attribuita ad una serie di obiettivi che animano la vita lavorativa degli over50: avere un’entrata economica, fare carriera, avere una crescita professionale legata alla formazione, avere tempo libero per sé, avere tempo libero per dedicarsi ai compiti di cura, avere tempo libero per la comunità. Sulla base delle motivazioni che spingono i dipendenti a lavorare, sono state identificati tre profili motivazionali. Il 14,5% dei rispondenti è nonno/a. Sono soprattutto gli operai, ma anche gli impiegati, ad essere più frequentemente già nonni. L’età dei nipoti è molto variegata. Il 30,1% dei partecipanti ha almeno un nipote di 0-2 anni, mentre il 36,4% ha almeno un nipote 20enne o più grande.

 

 

I nonni sono per la maggior parte collocati nel profilo definito “con la testa altrove”, in particolare sono persone con contratto da CCNL Impiegato, solitamente hanno un contratto part-time, hanno una carriera professionale molto lunga, non si rivedono più nell’identità organizzativa e, all’interno del contesto aziendale, sono più frequentemente discriminati a causa della propria età (maggiormente le donne).

 

Crediamo che sia fondamentale per le aziende comprendere quali siano le sfide e le opportunità che i lavoratori over50 rappresentano e come possono valorizzare nel modo più efficace le loro esperienze, competenze e valori. Il proposito della ricerca è proprio sottolineare come occorra un cambio di prospettiva per rendere ancora visibile il talento dopo i 50 anni.

 

Per consultare nel dettaglio la ricerca “Talenti senza età: donne e uomini over50 e il lavoro”

 

 

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