Oltre le generazioni – Esperienze, Relazioni, Lavoro

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Valore D presenta la ricerca “Oltre le generazioni: esperienze, relazioni, lavoro”, il più ampio studio in Italia con oltre 18.000 rispondenti che indaga a fondo la realtà delle 4 generazioni attualmente attive nel mercato del lavoro: Baby Boomers (BB), Gen X, Millennials e Gen Z.

I punti di forza della ricerca

Realizzato dal Centro Studi di Valore D in collaborazione con il centro di ricerca Behave Lab dell’Università degli Studi di Milano e presentato alla Camera dei Deputati il 12 marzo 2024 sotto l’egida del Vicepresidente Giorgio Mulè, il progetto mira a delineare non solo “quanta” e “quale” diversità generazionale è presente nelle organizzazioni italiane, ma anche a comprendere le differenze e i punti di contatto tra le generazioni per coinvolgere le imprese in azioni di inclusione e valorizzazione più efficaci.

Per la ricerca è stato utilizzato un approccio interdisciplinare e mixed-methods basato su un ampio sondaggio che ha coinvolto un totale di 18.072 lavoratori e lavoratrici del network delle aziende associate a Valore D, cinque focus group con specialisti HR e DEI, e una parte di analisi statistica e visualizzazione dei dati quantitativi.

Valori, motivazioni e bisogni delle generazioni

Dai risultati dello studio emerge un’evoluzione di valori importante che sottolinea il desiderio diffuso tra le giovani generazioni di poter dedicare più tempo alla vita personale, affiancato dal mutamento di prospettiva per cui il lavoro stesso è percepito come un contesto in cui crescere, sviluppare competenze, nutrire relazioni. Il lavoro perde centralità e ciò non significa che non sia rilevante, ma che diventa uno dei tanti aspetti da coltivare.

La necessità di un maggiore equilibrio tra vita e lavoro si riflette anche in un maggiore bisogno di ottenere congedi, un driver sempre più comune che richiede un riconoscimento della genitorialità che vada oltre gli stereotipi di genere e che consideri responsabilità e diritti di entrambi i genitori ed eviti ripercussioni negative, in particolare sulla carriera delle donne.

I dati raccolti smentiscono, infatti, il pregiudizio che vede gli uomini nel ruolo di breadwinner,  e mostrano come siano le giovani donne ad attribuire maggiore importanza al lavoro, dimostrandosi vere e proprie “equilibriste” che sottraggono tempo al proprio benessere per dedicarsi alla sfera lavorativa e familiare.

Al tempo stesso, per BB e Gen X la copertura sanitaria e la stabilità contrattuale rimangono le priorità insieme al miglioramento delle proprie competenze – un dato quest’ultimo contrario alle aspettative comuni più diffuse. Tale esigenza invero accomuna tutte le generazioni: sia Gen Z (l’80% ritiene fondamentale il miglioramento e l’ampliamento della propria preparazione, il cosiddetto upskilling) sia Baby Boomer (una persona su tre desidera fare reskilling) sono consapevoli dell’importanza di apprendere nuove competenze in ambiti lavorativi diversi per rispondere alle richieste di un mercato del lavoro in continuo cambiamento.

L’età come ostacolo

Lo studio rileva una difficoltà nel gestire e valorizzare l’esperienza dei più senior tanto quanto le competenze innovative dei più junior, ma soprattutto di come farle interagire.

In particolare, i BB si sentono poco valorizzati ed esclusi dalla vita aziendale, nonostante persista la voglia di contribuire attivamente e di trasmettere le proprie conoscenze alle nuove generazioni. Pur mantenendo un certo grado di autorevolezza tra i colleghi, infatti, in molti si percepiscono in un limbo di prepensionamento – uno spreco di capitale umano, specialmente tra coloro che hanno ancora diversi anni da trascorrere in azienda.

Analogamente, anche la Generazione Z si trova in una zona d’ombra della vita aziendale, a cavallo tra l’ingresso in azienda e la piena partecipazione, con il dovuto riconoscimento nell’organizzazione. È la generazione che si sente meno ascoltata: quasi una persona su due (47,8%) percepisce la propria età come un ostacolo nel far valere le proprie opinioni con gli altri colleghi e responsabili.

Nonostante i Millennials si trovino potenzialmente nella golden age del mercato lavorativo, anche loro (1 su 3) ritengono l’età un ostacolo per ottenere una promozione e riscontrano difficoltà nello sviluppo professionale e personale.

DEI generazionale: cosa significa per le aziende?

Oltre le generazioni: esperienze, relazioni, lavoro” invita ad impegnarsi per abbattere tutti quei bias di genere ed età che sono radicati nella nostra cultura e limitano l’applicazione dei valori DEI. Molte aziende del network Valore D hanno già avviato un processo di cambiamento grazie alla messa in discussione dei pregiudizi e all’implemento di azioni o politiche a favore delle categorie penalizzate, in particolar modo la generazione Z, i boomer e le donne.

Gli specialisti HR e DEI sottolineano l’importanza di una rielaborazione del termine “talento” che spesso viene ritenuto un sinonimo di giovane età. Le parole che maggiormente vengono utilizzate per descrivere il talento in azienda (entusiasmo, curiosità, capacità di adattamento, brillantezza, buona volontà) sono però tratti senza limiti anagrafici.

Infatti, le aziende sono sempre più chiamate ad ampliare il target di partecipazione a iniziative di talent development a tutta la popolazione aziendale in modo da valorizzare tutte le generazioni e non solo i “giovani talenti”.

Comprendere i bisogni dei più junior quanto quelli dei più senior, interrogandosi su cosa accomuna queste persone pur nella loro diversità, è il passaggio fondamentale per garantire inclusione. Come sostiene Cristiana Scelza, Presidente Valore D:

Non può esserci davvero inclusione se le diversità continuano a essere viste in contrapposizione tra loro, come se il riconoscimento di un gruppo passasse attraverso l’esclusione di un altro. Occorre guardare sempre di più alla DEI come un ecosistema che necessita dell’impegno di diversi stakeholder e di cui la strategia sia sempre più ispirata dalla complessità delle esperienze individuali, dentro e fuori.

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