Women in the Workplace 2018: lo stallo delle aziende che predicano bene

I progressi sulla diversità di genere sul lavoro si sono fermati.

Per raggiungere l’uguaglianza, le aziende non devono solo predicare bene, ma anche razzolare efficacemente e mantenere le promesse. Infatti, sono tante le imprese che assicurano di essere impegnate da tempo sul fronte diversità, eppure la realtà dei fatti sembra non combaciare con queste dichiarazioni. Non ancora, perlomeno. E in America il progresso nella Diversity & Inclusion è in stallo.

È quanto emerge dallo studio McKinsey e LeanIn “Women in the Workplace 2018”. La ricerca, che attinge ai dati di 279 aziende per un totale di oltre 13 milioni di impiegati, fa emergere con forza due elementi: le donne, in particolare quelle di colore, sono sotto-rappresentate a qualsiasi livello aziendale, in particolar modo nel senior management, ed esistono ancora grandi lacune di genere per ciò che riguarda le assunzioni e le promozioni di carriera, aree in cui le donne risultano estremamente svantaggiati.

Nonostante le lauree, più numerose e migliori rispetto a quelle dei colleghi maschi, le donne hanno meno possibilità di essere assunte per posizioni di primo livello e ancora meno probabilità di passare più tardi ad un livello manageriale. Per ogni 100 uomini promossi a manager, le donne raggiungono solo quota 79. E così, a causa di questi divari di genere, gli uomini finiscono col detenere il 62% delle posizioni di leader, contro il 38% femminile.

Questo senza tener conto, poi, del sessismo e delle micro-aggressioni di ogni giorno, che possono assumere molte forme e che sono perlopiù rivolte a chi ha meno potere, come le donne, le persone di colore e LGBT, che devono fornire maggiori prove della loro competenza lavorativa rispetto agli uomini. A questo proposito, chi rappresenta l’unica componente femminile all’interno di un determinato livello aziendale, management incluso, racconta di aver avuto esperienze nettamente peggiori rispetto a donne che hanno lavorato in gruppo con altre donne. Ossia: se da un lato solo il 7% degli uomini racconta di essere spesso l’unico uomo nella stanza e di sentirsi giudicato per questo, dall’altro molte più donne affermano di essere sole in mezzo ad una folla di uomini. Questa maggiore visibilità può rendere particolarmente pronunciati i pregiudizi che queste donne (le cosiddette “Only”) affrontano, portandole ad essere una sostituta per tutte le assenti e a far sì che i loro successi o insuccessi individuali diventano una cartina tornasole per ciò le altre.

 

 

 

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