Welfare: le politiche per la famiglia sono sinonimo di sviluppo e crescita

Mettere al centro le misure che aumentano occupazione giovanile e femminile, e mettere in campo un piano di rafforzamento dell’offerta degli asili nido sul territorio incide su indicatori che da troppo tempo ci vedono in fondo alle classifiche dei paesi più sviluppati, con implicazioni negative sia sulla crescita economica che sulle diseguaglianze social: così possiamo spezzare la spirale negativa che colpisce occupazione giovanile, occupazione femminile, bassa natalità. Alessandro Rosina su Il Sole 24 Ore di oggi dà una lettura interessante sull’intreccio tra politiche di famiglia e sviluppo e crescita del Paese.

 

È importante leggere alcuni indicatori in relazione tra loro: ad esempio, i livelli del tasso di occupazione in età 25-49 anni delle donne single laureate sono vicini a quelli che si osservano nelle aree più avanzate d’Europa, ma il tasso di occupazione per le madri con figli e titolo di studio basso si trova, invece, circa 25% sotto. Quindi bassa istruzione e carenza di servizi di conciliazione tra lavoro e vita privata che portano nel complesso l’Italia ad avere uno dei più bassi tassi di occupazione femminile in Europa.

 

Queste condizioni espongono, inoltre, le famiglie con condizione sociale più bassa a un alto rischio di povertà educativa infantile, come ci ricorda il recente report OCSE “Education at a glance 2019”, di cui deteniamo il record negativo in Europa assieme alla Grecia. Esiste quindi una spirale negativa che forza al ribasso occupazione giovanile, occupazione dipendente e autonoma femminile, natalità, benessere delle famiglie, mobilità sociale, che va spezzata.

 

Il rafforzamento dei servizi per l’infanzia è uno degli investimenti sociali con maggiori ricadute positive

Aiuta a ridurre gli squilibri demografici prodotti dalla denatalità consentendo di rivedere al rialzo la scelta di avere figli e di essere presenti nel mercato del lavoro; aiuta le donne a valorizzare meglio il proprio capitale umano; riduce il rischio di povertà delle famiglie con figli; riduce le diseguaglianze di partenza perché i margini maggiori di miglioramento su occupazione femminile e rischio di povertà riguardano le famiglie delle classi sociali più basse.

La funzione dei servizi per l’infanzia è cruciale, con la consapevolezza, confermata da molti studi, che prima si interviene e più alto è il ritorno collettivo dell’investimento sullo sviluppo umano, in termini sia di minori costi sociali sia di maggior contributo alla crescita.

 

Più che dalla creazione di nuovi posti, un piano strategico in questa direzione potrebbe partire da una efficiente implementazione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, superando così il cronico gap italiano tra nidi e scuole per l’infanzia.Ci auguriamo che i propositi si possano concretizzare con obiettivi precisi e misurabili, con alla base la convinzione che le politiche familiari siano da considerare parte integrante delle politiche di sviluppo.

 

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