Vera Gheno, Nicoletta Romanazzi e Francesca Parviero: tre conversazioni sull’impatto al Tempo delle Donne

Parola, mente, consapevolezza: che IMPATTO hanno su di noi? Riflettere sul potere di questi tre elementi può aiutarci a comprendere meglio chi siamo, le nostre scelte e il mondo che abitiamo.

 

Se il linguaggio dà forma al modo in cui pensiamo, i pensieri possono condizionare il nostro agire. È importante, quindi, conoscere i meccanismi che influenzano le nostre parole e percezioni, per imparare a destreggiarci nella complessità del presente, relazionarci con chi ci circonda e costruire un progetto di vita che ci valorizzi.

 

Nel corso della nona edizione del Tempo delle Donne, i Workshop di Valore D hanno approfondito l’impatto del linguaggio, dei pensieri e della consapevolezza con tre formatrici d’eccezione: Vera Gheno, Nicoletta Romanazzi e Francesca Parviero.

 

È possibile rivedere i loro interventi qui di seguito.

 

 

Potere delle parole, a noi!

 

 

“Come possiamo avere la pretesa che l’oggetto che ci serve per relazionarci con gli altri, per capire noi stessi e per capire il mondo rimanga statico se è tutto mobile? Il segnale di una lingua sana è proprio che cambi. Nel momento in cui una lingua smette di cambiare inizia a morire.”

 

Nel suo workshop “Potere delle parole, a noi!” la sociolinguista e traduttrice Vera Gheno ricorda come la competenza della parola sia centrale per gli esseri umani. Quando le persone iniziano ad accorgersene, ecco che si verifica un passaggio evolutivo importante: le questioni di lingua fuoriescono dalle accademie e diventano un argomento comune, virale.

Le parole, però, non sono punti fermi: il campo della neologia è aperto, come aperto e in continuo movimento è il mondo in cui viviamo. Il problema semmai è la nostra percezione dell’alterità come pericolo.

Per affrontare una società sempre più complessa, bisogna allora adottare una prospettiva intersezionale: ogni persona, infatti, non è portatrice di una sola diversità, ma la sommatoria di tante possibili. E se la realtà cambia, cambiano anche le parole: in un mondo in cui il diritto alla felicità dovrebbe essere universale, un passo avanti è riconoscere che le differenze non si includono, ma convivono reciprocamente.

 

Cosa ti passa per la mente?

 

 

 

Riprendiamo in mano il nostro potere. Noi possiamo scegliere che significato dare alle cose.”

 

Nicoletta Romanazzi, mental coach, trainer e facilitatrice di respiro, spiega in che modo le nostre percezioni influiscono sui nostri stati d’animo. Nel workshop “Cosa ti passa per la mente?” suggerisce tre elementi su cui lavorare nei momenti di particolare tensione: il linguaggio del corpo, la motivazione, le parole.

 

Respirare correttamente, essere sorretti da un desiderio forte e fare attenzione alle espressioni che usiamo può, infatti, fare la differenza. Così come l’aiuto di un mental coach: il suo ruolo non è quello di eliminare le paure o i pensieri negativi, ma di insegnarci a guardare alle soluzioni più che ai problemi.

 

Cosa posso fare per risolvere questo problema? Sposto il focus sulla soluzione. Questo mi permette di avere accesso alle mie risorse.

 

Il nostro cervello risponde sempre alle domande che gli poniamo. Il segreto, quindi, è scegliere le più “potenti”. Solo in questo modo impariamo ad allenare la mente e ad attivare un dialogo sano con il nostro critico interiore, la voce che ci mette costantemente a paragone con gli altri e non ci fa mai sentire abbastanza. Infatti, se preso per mano e rassicurato con le domande giuste, il critico interiore può trasformarsi in alleato e svelarci molto su di noi e sulle nostre paure.

 

Valorizza la tua unicità

 

 

Noi con il nostro agire consapevole o a volte meno consapevole portiamo un impatto nei nostri contesti.”

 

Per Francesca Parviero, CEO & founder di Linkbeat Società Benefit S.r.l. e Designing Your Work Life Certified Facilitator, ogni persona ha un insieme unico di caratteristiche che merita di essere valorizzato e comunicato in maniera efficace. Nel suo workshop “Valorizza la tua unicità” spiega che mostrarsi, però, non è semplice. C’è chi ama la visibilità perché possiede una personalità più intraprendente e chi, invece, fatica a farsi vedere. Ma mostrarsi non significa apparire per quello che non si è: “è essere in grado di comprendere dove, in funzione dei propri obiettivi, può essere sensato posizionare i propri contenuti”.

Spesso, dopo aver raggiunto traguardi importanti solo per senso del dovere, sentiamo il bisogno di fermarci per capire dove siamo e in che direzione vogliamo andare. In questi casi, attraverso l’aiuto del design thinking, possiamo prendere consapevolezza del passato e dei nostri bisogni attuali e, da qui, iniziare a progettare le tre odissee, ovvero le tre alternative di vita possibili che ci fanno sentire allineati e ci permettono di metterci in gioco.

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