Smart working, quale futuro post pandemia? I numeri dell’Osservatorio del Politecnico di Milano

Ad un anno e mezzo dall’inizio della pandemia per l’81% delle grandi imprese, il 53% delle PMI e il 67% delle PA il lavoro da remoto fa parte di un modello di smart working strutturato o informale, e nell’89% delle grandi imprese, nel 35% delle PMI e nel 62% delle PA, lo smart working rimarrà o diventerà, al termine dell’emergenza, una pratica presente nell’organizzazione. Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

Il graduale rientro in ufficio non segna in generale un declino dello smart working, al contrario al termine della pandemia le organizzazioni prevedono un aumento degli smart worker: si prevede saranno 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto (+8%), di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese, 700mila delle pmi, 970mila nelle microimprese e 680mila nella Pa. Dallo studio emerge che lo smart working rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, dove aumenteranno sia i progetti strutturati sia quelli informali.

 

Cosa motiva la scelta di proseguire con lo smart working?

La scelta di proseguire con lo smart working è motivata dai benefici riscontrati da lavoratori e aziende. L’equilibrio fra lavoro e vita privata è migliorato per la maggior parte di grandi imprese (89%), pmi (55%) e Pa (82%). Ma la combinazione di lavoro da remoto “forzato” dalla pandemia ha avuto anche conseguenze negative sugli smart worker: è calata dal 12% al 7% la percentuale di quelli pienamente ‘ingaggiati’, il 28% ha sofferto di tecnostress, il 17% di overworking.

“La pandemia ha accelerato l’evoluzione dei modelli di lavoro verso forme di organizzazione più flessibili e intelligenti e ha cambiato le aspettative di imprese e lavoratori, anche se emergono delle differenze fra le organizzazioni che rischiano di rallentare questa rivoluzione. Le grandi imprese stanno sperimentando nuovi modelli di lavoro, con la ricerca di nuovi equilibri fra presenza e distanza capaci di cogliere i benefici potenziali di entrambe le modalità di lavoro”.

afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

 

smart working
Per oltre un terzo degli smart worker sono migliorati work-life balance e produttività.

 

Da smart a blended working: il primo e-book di Valore D

Tuttavia per oltre un terzo degli smart worker sono migliorati work-life balance e produttività. La possibilità o meno di svolgere la prestazione lavorativa anche in modalità agile, quindi, entrerà con ogni probabilità tra le richieste o aspettative dei lavoratori, e potrebbe diventare un fattore rilevante anche per chi valuta un nuovo impiego. Si sta affermando una modalità ibrida di lavoro, il “blended working”.  In cosa consiste? Funzionerà? Quali saranno le nuove coordinate del lavoro all’interno delle imprese?
Una risposta a queste e altre domande sulle future modalità di lavoro prova a darla il primo e-book di Valore D, “Da smart a blended working: come sarà il futuro del lavoro”, realizzato in collaborazione con l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano e pubblicato da HarperCollins. Una guida metodologica innovativa e pratica che analizza e condensa i profondi cambiamenti che durante la pandemia hanno impattato su oltre il 93% dei lavoratori a livello globale e che raccoglie le testimonianze di più di 60 aziende associate a Valore D.

Il libro è scaricabile gratuitamente da tutti gli e-book store online, ad esempio:

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