Lo smart working in Italia funziona? Dati Eurostat alla mano, la risposta è in parte.
La media europea di lavoratori che utilizzano lo smart working è stata pari al 5% nel 2017, con percentuali più alte in alcuni paesi: Paesi Bassi 13,7%, Lussemburgo 12,7% e Finlandia 12,3%. Agli ultimi posti Bulgaria e Romania, che registrano rispettivamente lo 0,3% e 0,4%. In Italia, invece, nonostante la legge 81/2017 che regolamenta il cosiddetto lavoro agile, siamo ben sotto la media, con il 3,5%. Di questa cifra, la percentuale di donne si arresta però al 3,3%, mentre gli uomini arrivano al 3,6.
“Per fare un confronto, in Francia le donne che lavorano da casa arrivano all’8%, gli uomini al 5,6%. Senza voler vedere esempi come quello Finlandese od olandese, dove le percentuali superano di molto il 10 per cento. Peggio di noi solo Paesi come Grecia e Cipro. Anche in questo caso quindi l’Italia sembra scontare, nonostante i dati siano in crescita (non nelle Pmi e nella Pubblica amministrazione), un atteggiamento culturalmente contrario al lavoro da casa, non considerato produttivo quanto quello in ufficio. Tesi smentita dagli studi più recenti in materia” – si legge sul Sole 24 Ore.
Sembra insomma che la legge sul lavoro agile non stia funzionando appieno, e la ragione è da ricercarsi, appunto, nella poca fiducia nei confronti del lavoro in remoto: sia il datore di lavoro, sia i lavoratori sono abituati a pensare l’allontanamento dalla sede lavorativa come un motivo di licenziamento o distrazione.
Secondo i dati messi in luce da Lo Smart Working in Italia dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, su 206 grandi aziende intervistate, il 36% ha già avviato iniziative di lavoro agile, mentre il 9% prevede d’introdurne. Chi lo ha introdotto, ha dichiarato di attivarlo per quattro giornate al mese nel 43% dei casi, nel 22% otto e nell’11% senza limiti di tempo. Per le Pmi e la Pubblica Amministrazione il passaggio alla flessibilità lavorativa per i dipendenti è invece particolarmente lento. Nel 2017, secondo l’Osservatorio, sono stati circa 305.000 i lavoratori che hanno sperimentato questo approccio lavorativo, con una crescita del 60% sul 2016.
Per chi è agile, comunque, conviene lavorare in remoto il mercoledì, che spezza in due la settimana in maniera produttiva secondo Shari Buck, co-fondatore di Doximity, piattaforma americana di servizi di social networking con base a San Francisco.