Legge Golfo-Mosca: innalzare la quota per favorire la parità

La legge Golfo-Mosca scade quest’anno, e il dibattito è aperto su come consolidare i risultati ottenuti nell’interesse delle aziende e del Paese. Il Corriere della Sera riporta una tesi interessante, portata dall’economista Lorenzo Bini Smaghi, sulla qualità dei risultati effettivamente raggiunti con l’introduzione delle quote di genere e quali possono essere le prospettive future.

 

Innanzitutto, l’autore sottolinea che la legge Golfo-Mosca viene generalmente considerata come un successo, poiché ha consentito di far salire oltre il 33,5% la percentuale di donne nei Cda delle società quotate italiane. Secondo alcuni, questo successo dovrebbe giustificare il rinnovo della legge. Secondo Bini Smaghi, tuttavia, il risultato ottenuto dalla legge non appare sufficiente, avendo la percentuale di donne raggiunto appena il limite inferiore definito dalla quota, e sono rare le aziende che sono andate oltre. Pertanto, se l’obiettivo è davvero quello della parità tra i due generi, appare necessario non solo rinnovare la legge, ma anche innalzare la soglia minima della quota di genere meno rappresentata, ad esempio dal 33% al 40%, come è il caso in Francia.

 

L’economista individua due ragioni a sostegno di una simile misura: la prima è che esiste ancora una resistenza culturale diffusa a far entrare le donne nei posti di responsabilità aziendale.

Il secondo motivo è che la parità di genere nei Cda, e più in generale nelle posizioni di vertice, contribuisce a migliorare la performance delle aziende. Esiste oramai un’ampia letteratura al riguardo: una maggiore parità di genere contribuisce a formare Consigli di amministrazioni più diversificati, con maggior complementarietà, non solo di genere ma anche di età e di esperienze professionali. Non è comprovata la tesi, sostiene, secondo cui la ricerca della parità vada a scapito del merito. L’evidenza mostra semmai il contrario, ossia che la spinta a favore della parità contribuisce a migliorare i requisiti meritocratici, in particolare della componente maschile.

 

Inoltre ormai la parità di genere è diventata un fattore discriminante nelle scelte di investimento dei principali fondi internazionali: gli investitori tendono a valutare positivamente le aziende che si pongono obiettivi di parità di genere, non solo nella composizione del management ma anche nella remunerazione. E l’Italia ha un enorme bisogno di attrarre investimenti. La strada da compiere è quindi già segnata.

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