Quanto contano genere ed età nei servizi di welfare aziendale?

Percorsi di Secondo Welfare riporta l’indagine sull’andamento delle scelte di imprese e lavoratori in materia di welfare aziendale, elaborata da Easy Welfare. Grazie a queste stime è possibile analizzare come cambino le scelte dei dipendenti, specialmente in base all’età, al genere e all’importo destinato ai servizi di welfare, individuando alcune dinamiche interessanti. Presentiamo le principali evidenze, che fanno riferimento ad un campione di 591 imprese clienti per l’anno 2018.

 

Le imprese che fanno welfare

Il primo dato interessante da considerare riguarda la diffusione del welfare aziendale nei diversi settori produttivi. A tal riguardo, il comparto di gran lunga più rappresentato è quello dell’industria e della manifattura (42%), a seguire si trovano i settori del commercio (11%), e dei servizi bancari, assicurativi e di consulenza (8%). E quanto investono? Le imprese che investono maggiormente nel welfare aziendale sono quelle del comparto pubblico, le quali destinano ai servizi per i propri dipendenti una quota che supera i 2.000 euro per lavoratore; seguono poi le realtà del settore bancario e assicurativo e della ristorazione.

 

Il gender gap

In relazione al campione di lavoratori considerati, l’analisi rileva una maggiore presenza maschile: 67% circa contro il 33% circa di presenza femminile. Tale stima è nettamente superiore alla media occupazionale definita nel 2018 dall’Istat che, fatto 100 il totale dei lavoratori italiani, rileva che circa il 60% sono uomini e il 40% donne. Tale gender gap è un buona parte dovuto dalla maggior presenza di imprese che appartengono a settori a prevalenza maschile, come il comparto industriale. Ad ogni modo, non si evidenzia alcuna differenza rilevante se si confronta il credito medio di welfare degli uomini con quello delle donne. Maggiori discrepanze ci sono, per ovvie ragioni, tra classi d’età: più il lavoratore sale d’età e quindi, si presuppone, anche di anzianità aziendale, più il premio sarà elevato.

 

 

Le scelte dei lavoratori e delle lavoratrici in materia di welfare

Per quel che riguarda la scelta dei servizi, le prestazioni più apprezzate riguardano l’area dell’istruzione dei figli (32%), la previdenza complementare (19%) e la sanità integrativa (9%). Seguono i fringe benefit (18%) e le prestazioni relative al tempo libero (17%). Sono residuali le aree che si riferiscono all’assistenza ai familiari non autosufficienti e ai disabili (1%), alla concessione di mutui e finanziamenti a tasso agevolato (1%) e al trasporto casa-lavoro (3%).

Approfondendo tali dinamiche, appare chiaro che queste scelte dipendono soprattutto da due variabili: la disponibilità di spesa e l’età dei beneficiari. In generale, però, all’aumentare del credito disponibile, infatti, i lavoratori tendono a spendere di più per istruzione, previdenza complementare e sanità integrativa.

 

 

In riferimento all’età sembrano esserci invece dei picchi di consumo del credito welfare per i rimborsi in materia di istruzione e educazione dei figli tra coloro che hanno tra i 35 e i 59 anni (dal 31% al 40% circa della spesa complessiva per queste fasce d’età) e un aumento sostanzioso dei versamenti verso enti o casse di previdenza complementare per coloro che hanno più di 55 anni (dal 30% al 45% circa). I lavoratori più giovani (al di sotto dei 35 anni) tendono invece a prediligere le prestazioni relative all’area ricreativa e del wellness.

 

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