Verso la parità di genere in azienda: una sfida culturale

Da quando è entrata in vigore nel 2011, la legge Golfo-Mosca ha permesso un parziale riequilibrio all’interno dei Cda per quanto riguarda le quote di genere. Ma è in scadenza e i vertici dei Cda restano dominati dagli uomini.

A gennaio è stata presentata la proposta di proroga della legge per altri tre mandati, con l’obiettivo di far assestare il processo culturale. Il Corriere ha dedicato uno spazio al dibattito che si sta avviando e mostrato i numeri e gli effetti della legge a distanza di 10 anni: siamo a metà strada verso la parità di genere nei Cda, ora occorre completarlo. Far sì, cioè, che le donne non si limitino a fare i consiglieri, ma assumano ruoli di responsabilità come presidente o amministratore delegato. Che siano al vertice permette di far cambiare cultura, influenzare processi e organizzazione. Insomma, è importante non interrompere il processo che si è avviato: occorre tempo perché un cambiamento culturale di tale portata si consolidi. Anzi, l’analisi realizzata mostra, poi, un altro aspetto: perché la norma funzioni al suo meglio è fondamentale che vi siano sanzioni per chi non si adegua.

 

Effetti della legge Golfo-Mosca sulla parità di genere in azienda
Fonte dei dati: Corriere della Sera del 24 febbraio 2019

 

Favorevole alla proroga è anche Maurizia Iachino, coordinatrice di “Fuori quota”, l’associazione delle donne che siedono nei Cda delle quotate. L’obiettivo è promuovere l’introduzione delle policy di genere negli statuti o nei regolamenti dei Cda, coinvolgendo la componente maschile nella battaglia per una maggiore rappresentanza femminile, poiché l’impegno di ognuno dei due generi è fondamentale per un maggiore equilibrio.

Su questo tema, Alessandro Profumo, ad del gruppo Leonardo, ha commentato in un’intervista: «Credo che se  questa legge non sarà prorogata, ci sarà la possibilità di un arretramento. Anche se vedo che molte aziende hanno già intrapreso autonomamente questo percorso, stimolate non solo dal regolatore, ma anche dalle istanze dei diversi stakeholder di riferimento».

«La vera sfida è come formare le nuove generazioni», aggiunge. «Prendiamo ad esempio le discipline Stem materie fondamentali per una società che, come Leonardo, vive di innovazione tecnologica. Nel confronto europeo l’Italia si posiziona a un livello basso, ha solo il 13,5% di laureati in queste discipline, rispetto al 19,1% della media Ue. La questione è come formare le persone e creare le competenze utili per affrontare il futuro».

 

Danni economici se manca la diversità

 

Patrizia Grieco, presidente di Enel, è riuscita a farsi strada quando ancora di questo tema non si parlava, ed è stata tra le sostenitrici della legge Golfo-Mosca. Come presidente del Comitato governance ha fatto inserire l’equilibrio di genere nel Codice di autodisciplina delle aziende quotate. «La legge ha segnato un passo importante, anche culturale, un miglioramento della diversity nella composizione degli organi di amministrazione. Ad esempio, con la riduzione dell’età media, una maggiore diversificazione delle competenze e un aumento del livello medio di istruzione. Il nostro Codice di autodisciplina ha reso la diversità, anche di genere, un criterio essenziale della composizione del consiglio, fermo restando il principio dell’adeguata competenza».

Per questo il Cda di Enel nel 2018 ha approvato una politica sulla diversità e apportato una modifica statutaria per rendere permanente l’applicazione del principio di equilibrio tra i generi negli organi di amministrazione e controllo, che è stata approvata con la maggioranza plebiscitaria di circa il 99,95% del capitale.

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