Il pay gap continua a farsi sentire. Secondo lo studio Oxfam sull’occupazione femminile uscito mercoledì 3 ottobre, le donne in Europa devono sottostare a trattamenti economici inferiori del 16% rispetto a quelli degli uomini e sono occupate in mansioni nettamente al di sotto delle loro capacità professionali. Per questo, se volessero arrivare allo stesso livello di stipendio dei loro colleghi, dovrebbero lavorare 59 giorni in più.
Il rapporto ha preso in considerazione i 28 paesi dell’Unione Europea nel 2017, scattando, fra gli altri, anche una foto dell’Italia, dove la situazione non sembra essere esattamente fra le migliori. Qui una donna su quattro non lavora oppure ha un’occupazione al di sotto delle proprie qualifiche, una su dieci è a rischio povertà. Sempre nel 2017, inoltre – ma questa volta in tutta Euroa – il 69,5% delle donne si è ritrovato ad essere occupato in un part-time involontario. Non a caso, proprio sull’intero continente, 4 su 5 impiegati part-time sono donne.
Come mai succede? La risposta non ci stupisce: si tratta di una condizione dovuta all’impossibilità di conciliare i tempi della maternità e della vita familiare con il lavoro, racconta Oxfam. E, infatti, i lavori di casa per l’81% e la cura dei figli per il 97% sono ancora prerogativa delle donne. Allo stesso modo, la terza domanda che viene posta a una candidata durante un colloquio di lavoro è: “Vorrai avere dei figli?”.
«Se non si interviene su misure che permettano alle donne una migliore conciliazione dei tempi vita-lavoro, la loro piena occupazione è per sempre compromessa, relegandole a lavori part-time, spesso precari e mal retribuiti. Investire in questo capitale umano sarebbe un’opportunità per tutti, in modo da riconoscere tutto il lavoro di cura, invisibile e non retribuito che le donne portano sulle spalle contribuendo significativamente alla crescita del Paese», ha commentato Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne Oxfam in Italia.