L’Orgoglio LGBT+: un ponte di dialogo e alleanza tra Sud e Nord Italia

*questo contenuto è stato scritto per Valore D da Claudia Fauzia, attivista ed economista specializzata in studi di genere e sul Sud, di cui esplora il potenziale rivoluzionario come spazio di lotta ai margini del potere.


Il 28 giugno, Giornata Mondiale dell’Orgoglio LGBT+, non è solo un momento di celebrazione e commemorazione ma anche un’importante occasione di confronto, alleanza e dialogo tra le diverse realtà italiane che operano per costruire una società più giusta, in cui ad ogni identità di genere e orientamento sessuale siano garantiti diritti e dignità. I Pride che attraversano tutto il paese da Sud a Nord offrono un’opportunità unica per riflettere sulla storia, sulle resistenze locali e sul futuro della comunità LGBT+ nel mondo del lavoro e nella società.

L’origine del Pride


Pride Month, o mese dell’orgoglio LGBT+, è un periodo di celebrazione dedicato alla comunità che riunisce le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e altre identità di genere e orientamenti sessuali. Si svolge generalmente nel mese di giugno per commemorare i moti di Stonewall, un evento cruciale nella lotta per i diritti LGBT+ avvenuto a New York nel 1969. Nello specifico, il 28 giugno di quell’anno, la polizia della grande mela fece una retata nel bar Stonewall Inn, frequentato da membri della comunità. All’epoca le incursioni delle forze dell’ordine nei locali gay erano all’ordine del giorno, ma quella notte i frequentatori del bar reagirono con una serie di proteste e scontri che durarono diversi giorni. Questi moti sono considerati un punto di svolta per il movimento di liberazione queer perché hanno dato impulso a un’azione più organizzata per i diritti civili della comunità.

Oggi, in tutto il mondo, soprattutto nelle settimane di giugno, proiezioni di film, spettacoli teatrali, concerti, conferenze, incontri e senza dubbio l’annuale parata, fungono da piattaforma per sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti della comunità e sulle problematiche ancora irrisolte. Offrono l’opportunità di dare visibilità alle persone queer e alle loro esperienze, promuovendo una maggiore comprensione e accettazione sociale, rafforzano il senso di comunità e di solidarietà tra le persone LGBT+ e i loro alleati e aiutano a mantenere viva la memoria degli eventi storici e delle lotte passate, educando le nuove generazioni sull’importanza della lotta per l’uguaglianza.

Le radici del movimento LGBT+ in Italia


La storia della comunità LGBT+ in Italia affonda le sue radici nei primi anni del ‘900 quando Aldo Mieli, un noto intellettuale dell’epoca, tentò di creare un movimento di liberazione omosessuale attraverso la “Società italiana per lo studio delle questioni sessuali” e la rivista “Rassegna di Studi Sessuali”. Tuttavia, l’ascesa del regime fascista bloccò questi sforzi.

Nel dopoguerra, il dominio della Democrazia Cristiana, ostile a qualsiasi tipo di associazionismo omosessuale, continuò a negare riconoscimenti alla comunità. Nonostante ciò, negli anni ’60, figure come Massimo Consoli iniziarono a far sentire la propria voce fondando il gruppo “Rivolta Omosessuale Maschi Anarchici (ROMA-1)” che ha segnato un primo tentativo di organizzazione gay in Italia.

Gli anni ’70 furono un periodo di forte rivoluzione sia per la comunità LGBT+ che per l’intero contesto sociale e, a Torino, nacque il “Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (Fuori!)”, fondato da Angelo Pezzana che esprimeva così il desiderio di una comunità in grado di parlare per se stessa e gestire in prima persona la propria storia:

“Noi oggi rifiutiamo quelli che parlano per noi. (…) Per la prima volta degli omosessuali parlano ad altri omosessuali. Apertamente, con orgoglio, si dichiarano tali. Per la prima volta l’omosessuale entra sulla scena da protagonista, gestisce in prima persona la sua storia (…)”.

Al movimento omosessuale nel 1980 si unì quello trans quando, in un’affollata piscina comunale di Milano, una quindicina di donne inscenarono una protesta di dissidenza dalle norme di genere, sfilandosi il reggiseno e proclamando che si trattava di “topless regolare” visto che in base ai loro documenti erano considerate uomini. L’inventiva provocatoria di quella manifestazione diede vita al Movimento Identità Trans (MIT), un passo fondamentale per i diritti delle persone transgender in Italia.

Nello stesso anno in Sicilia avvenne quello che possiamo definire “il nostro Stonewall”: a Giarre, in provincia di Catania, due giovani amanti furono trovati uccisi per mano dell’omofobia. Il caso di cronaca attirò l’attenzione della stampa nazionale e portò alla formazione del primo collettivo del Fuori! nella Sicilia orientale e alla nascita di Arcigay a Palermo. Anche le donne femministe lesbiche si organizzarono, formando il primo collettivo lesbico siciliano, Le Papesse.

Il delitto di Giarre seminò le basi per la nascita del movimento omosessuale italiano contemporaneo. Di lì a poco, a Bologna, ci fu un riconoscimento ufficiale di un gruppo di gay da parte delle istituzioni, con la concessione di una sede all’associazione “Il Cassero”.

Il primo Pride italiano invece si tenne a Roma nel 1994, e sempre Roma fu palcoscenico del World Gay Pride nel 2000, un evento di rilevanza mondiale che vide la partecipazione di molti esponenti di questo mondo.

Voci dai Pride della Penisola


Le manifestazioni organizzate in lungo e in largo per lo stivale, permettono di mettere in luce le diversità e le sfide specifiche delle varie regioni italiane, promuovendo una cultura dell’inclusione che supera le divisioni geografiche. Quest’anno si contano oltre 40 parate da giugno a ottobre, da Ragusa ad Aosta, e centinaia di eventi connessi.

Solitamente le iniziative del Pride incarnano una visione intersezionale della lotta che alle rivendicazioni LGBT+ associa questioni diverse ma estremamente legate come il razzismo, la questione di classe e le ampie differenze socioeconomiche interne al paese. Che sfide deve affrontare una donna nera lesbica in Italia? Quali sono le esigenze di un uomo trans siciliano? Di che istanze si fa portavoce una persona bisessuale delle valli trentine? Come vivono le famiglie arcobaleno in Sardegna?

Nonostante l’assenza di sufficienti dati a confermarlo, il Sud Italia e le isole sono spesso considerate culle di maschilismo e omobilesbotransfobia. Alle persone del Sud capita che con espressione di pena venga domandato quanto sia difficile essere queer nei contesti meridionali. Molto spesso questi pregiudizi sono accompagnati da profonde lacune conoscitive delle storie di resistenza locale che hanno contribuito alla costruzione della comunità LGBT+ per come la conosciamo oggi. Dopotutto, la memoria collettiva lavora a sedimentazione parziale perché tramandare è un esercizio estremamente legato al potere di farsi ascoltare e, a causa della precarietà a cui è costretto il Sud e della persistente discriminazione antimeridionalista, le voci delle persone queer meridionali sono state spesso ignorate.

Negli anni ’80, in piena guerra di mafia, Massimo Milani e Gino Campanella inscenarono il primo matrimonio omosessuale in Piazza Pretoria a Palermo come protesta per rivendicare pari diritti. Un decennio prima, Nino Gennaro, militante antimafia e drammaturgo corleonese, dava voce alla comunità LGBT+ attraverso i suoi spettacoli teatrali performati nelle case private dei suoi concittadini siciliani. Nel mondo delle arti performative, Ernesto Tomasini si è sempre contraddistinto per l’avanguardia sulle tematiche riguardanti l’orientamento sessuale e l’identità di genere, arrivando a mettere in scena una Traviata Queer al Teatro Massimo di Palermo. Pochi anni fa, la scrittrice siracusana Giovanna Cristina Vivinetto ha esordito con “Dolore minimo”, la prima opera in Italia ad affrontare in versi la tematica della transessualità e della disforia di genere.

Questi sono solo alcuni esempi di storie poco note dalle periferie del potere, ma fondamentali per comprendere le diverse sfaccettature dell’attivismo LGBT+ che purtroppo sovente rischia di essere centrato sul Nord e sui grandi agglomerati urbani.

Per dare forza al movimento e costruire una società giusta ed equa per tutta la comunità, è necessario lavorare per un’alleanza tra le voci dei margini: la comunità queer meridionale, le persone razzializzate, le persone disabili, le persone migranti e tutti coloro che vivono nelle periferie dell’attivismo. Questo grande insegnamento arriva proprio da una teorica femminista afroamericana bell hooks, che ha dedicato la sua ricerca ai margini descritti come “un luogo di radicale possibilità, uno spazio di resistenza” al potere etero patriarcale e razzista.

La domanda che dovremmo porci oggi è: “Le alleanze tra i margini possono forse surclassare il potere che ci discrimina?”

Attualità e futuro della comunità LGBT+ nel mondo del lavoro e nella società


Nonostante i progressi compiuti, la comunità continua ad affrontare significative sfide in società e nel mondo del lavoro. Secondo l’ultima indagine ISTAT e UNAR sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ (2023), una persona su tre tra omosessuali e bisessuali è stata discriminata sul lavoro, mentre una su cinque ha vissuto un clima ostile o subito un’aggressione. Questi dati sottolineano la necessità di politiche aziendali più inclusive e di una maggiore sensibilizzazione sul tema. La Strategia Nazionale per i Diritti LGBT+, varata nel 2022, rappresenta un passo importante in questa direzione, promuovendo politiche di Diversity Management e l’istituzione di network LGBT+ nelle aziende. Inoltre, propone l’introduzione di un Equality Index per misurare l’inclusione e il rispetto delle persone della comunità nelle imprese italiane, offrendo un nuovo benchmark per le politiche aziendali di responsabilità sociale.

Tuttavia, soffriamo ancora gravi carenze democratiche nel mondo politico: l’Italia è tra i 9 paesi dell’Unione Europea che quest’anno non hanno firmato la dichiarazione per la promozione delle politiche a favore di questa comunità, nonostante si assista a un generale arretramento nei diritti e all’avanzare di violenze e crimini d’odio. Infatti, rispetto all’edizione del 2023, l’Italia è scesa di due gradini nella Rainbow Map di Ilga-Europe e oggi si piazza tra Lituania e Georgia. Questo calo è dovuto a diversi fattori: pesano lo stallo delle politiche sulla protezione legislativa in materia di diritti LGBTQ+, gli attacchi alle famiglie arcobaleno, l’inasprirsi del dibattito pubblico e di posizioni contrarie ai diritti della comunità.

Guardando al futuro, è essenziale continuare a lavorare per un mondo del lavoro e una società più inclusivi. La comunità LGBT+ e i Pride, con il loro potere di unire e sensibilizzare, giocano un ruolo cruciale in questo processo. Attraverso il dialogo e l’alleanza tra i margini, possiamo costruire un’Italia in cui la diversità è vista come una ricchezza e ogni persona è libera di esprimere la propria identità senza timore di discriminazione. In questa Giornata dell’Orgoglio LGBT+, riflettiamo sui progressi compiuti e sulle sfide ancora da affrontare, celebrando le storie di coloro che hanno aperto la strada e impegnandoci a costruire un futuro di maggiore equità e inclusione per tutte le persone.

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