Linguaggio inclusivo per la disabilità: person first & identity first

Il linguaggio inclusivo quando si parla di disabilità è riconducibile a delle espressioni precise che si identificano nei linguaggi person first e identity first. Si tratta di due forme di comunicazione che storicamente sono contraddistinte da differenze che possono descrivere al meglio il contesto e la modalità di interazione quando si parla di disabilità.

Il linguaggio inclusivo come strumento per combattere le discriminazioni

Per diverso tempo le persone con disabilità sono state considerate e definite in maniera scorretta e solo grazie a diverse azioni è stato possibile raggiungere i risultati attuali, facilitando l’interazione con l’ambiente circostante e non solo con le persone

Ad oggi il linguaggio inclusivo in tema disabilità è un aspetto molto importante per contrastare correttamente le discriminazioni, abbattendo barriere ed eliminando stereotipi e luoghi comuni. Negli ultimi anni, l’interesse rivolto verso un linguaggio più consono è diventato cruciale anche per le istituzioni, organi e persone che vogliono sostenere e diffondere la causa di equità e il concetto di vivere con condizioni di pari opportunità.

Lo scorso 30 giugno 2024 vi è stato un ulteriore passo avanti in Italia per quanto riguarda il cambio di linguaggio nelle normative. Infatti,è entrato in vigore il decreto del 3 maggio 2024 nr.62 “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”. Nel Decreto viene recepito nell’ordinamento nazionale le definizioni contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Al tempo stesso, sono modificate le definizioni di condizione di disabilità.

Dal testo di legge art. 4 si evince la sostituzione di termini con altri più inclusivi e rispettosi della persona: la parola “handicap” viene del tutto bandita e sostituita con “condizione di disabilità”; allo stesso modo “persona handicappata”, “portatore di handicap”, “persona affetta da disabilità”, “disabile” e “diversamente abile” sono sostituite da “persona con disabilità”. Per quanto riguarda le parole “con connotazione di gravità” e “in situazione di gravità” sono sostituite con “con necessità di sostegno elevato o molto elevato”. Infine, “disabile grave” diventa “persona con necessità di sostegno intensivo”.

Da qui l’esigenza di conoscere due concetti rilevanti legati al linguaggio quando si tratta di disabilità: quello dell’approccio person first e dell’identity first. Proprio da queste due tipologie di linguaggio è possibile definire una forma di comunicazione inclusiva e rispettosa.

Che cosa significa “person first”?

Con l’espressione “person first” si indica la modalità di riferirsi a una persona con disabilità, mettendo proprio la persona al primo posto: in pratica, si adotta un linguaggio inclusivo che considera prima la persona anziché la disabilità,che è essenzialmente una descrizione aggiuntiva. Quindi, anziché definire “persona disabile” un individuo, si è soliti dire “persona con disabilità”. Quindi, è la persona ad essere al centro di tutto e non la disabilità, che viene menzionata esclusivamente se rilevante al contesto. In pratica, questa informazione diventa un dettaglio di secondaria importanza per la società che si appresta ad avere uno scambio con quella persona. In linea di massima, si può dire che “person first language” è la più utilizzata e la suggerita quando non si conoscono le preferenze di linguaggio delle persone a cui ci rivolgiamo.

Che cosa significa “identity first”?

Quando si parla di linguaggio “identity first”, invece, si ha come scopo quello di mettere al centro la disabilità, non più come mera caratteristica ma come parte integrante dell’identità di una persona. Quindi, al contrario del linguaggio person first si utilizza l’espressione “persona disabile”. Anche se la maggior parte delle persone ritiene fondamentale utilizzare un linguaggio “person first”, ve ne sono molte altre che considerano la propria disabilità qualcosa di identitario e che lottano per i propri diritti e l’uguaglianza all’interno della società.

Per trovare la migliore soluzione in fatto di linguaggio inclusivo in presenza di disabilità è sempre meglio parlare con la persona: in questo modo, si potranno conoscere le preferenze e la terminologia più adatta.

Il concetto di inclusivo nell’ambiente

L’inclusività, però, non è solo questione di linguaggio, giacché lo stesso concetto deve essere tradotto anche nell’ambiente circostante per un’interazione adeguata. Infatti, nella maggior parte dei casi, è la società che disabilita l’interazione con il contesto più che una patologia o una disabilità temporanea. La disabilità è il risultato di barriere architettoniche e attitudinali. L’assenza di un ascensore abbastanza grande, una rampa o di un traduttore vocale sono degli elementi che rappresentano un ostacolo per l’interazione con il contesto per le persone con disabilità, ma non solo.

È necessario considerare che le barriere che impediscono la completa partecipazione siano rimosse, sensibilizzando conseguentemente la società. Attraverso programmi di formazione e di supporto è possibile conseguire più facilmente questo obiettivo.

Valore D si impegna a promuovere attivamente il concetto di linguaggio e un approccio più inclusivo per creare ambienti senza barriere e aperti all’idea di valorizzare la disabilità.

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