L’acronimo LGBT+ è utilizzato per riferirsi alla comunità che include tutte le persone con identità di genere e orientamento sessuale al di fuori dagli schemi sociali tradizionali. Scopriamo di più circa questa comunità e ciò che è connesso al significato della sigla LGBT+.
Il significato di LGBT+
Quando ci si domanda che cosa vuol dire LGBT non si può fare a meno di prendere in considerazione le lettere nel loro significato singolo (dai termini inglesi Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender) e collettivo. Infatti, questa sigla sta a indicare le persone con identità di genere e orientamento sessuale che non aderiscono alla visione etero-normativa o binaria, ovvero quella visione che assume l’eterosessualità e le categorie di genere femminile e maschile come norme universali e predefinite, relegando le altre identità e orientamenti a una posizione marginale. L’eteronormatività si riferisce quindi a un sistema di valori e aspettative che promuove l’idea che le relazioni tra persone di sesso opposto siano le uniche valide, mentre il binarismo di genere considera solo due categorie rigide, maschile e femminile, escludendo le esperienze di chi si identifica al di fuori di questo schema, come le persone non binarie o genderqueer.
La prima volta che venne utilizzato l’acronimo risale al 1969, anno in cui vi fu l’evento di Stonewall a New York con scontri violenti tra polizia e persone che frequentavano l’omonimo bar. Mentre negli Stati Uniti questo momento segnò un incipit importante per i diritti della comunità LGBT+, in Italia bisognerà aspettare gli anni ’90. In questo periodo, alcuni eventi significativi coinvolsero la comunità italiana: a Roma, venne eletto il primo consigliere comunale apertamente gay, Luigi Cerina, e nel 1994 si svolse il primo Pride nella capitale, a cui parteciparono oltre 10.000 persone.
Il significato di LGBT+ e LGBTQIA+
Nel tempo, grazie allo sviluppo di una maggiore sensibilità, la sigla originaria LGBT è stata sostituita con LGBT+ e LGBTQIA+ (persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali e chiunque non si definisca eterosessuale) che sono varianti più inclusive della precedente versione. Infatti, proprio come si legge nella guida di Valore D “Non solo parole”, il simbolo “+” annovera anche le identità che non sono incluse nelle lettere menzionate. In questo modo, si riconosce la diversità e l’evoluzione delle identità di genere e degli orientamenti sessuali/affettivi.
Nonostante la sigla LGBTQIA+ sia molto usata, una parte della comunità si muove per superare questa definizione, preferendo il termine ombrello “queer”. Questa scelta nasce dal desiderio di abbracciare una visione più inclusiva e flessibile delle identità, al di là di categorie rigide. Il termine queer, infatti, rappresenta un’identità aperta, in continua evoluzione, che rifiuta etichette predefinite e accoglie le sfumature individuali dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. L’adozione di questo termine consente a molte persone di esprimere liberamente la propria unicità, senza sentirsi costrette a definirsi in modo preciso in un mondo che ancora tende a categorizzare le persone.
Alcuni simboli LGBTQIA+
Esistono dei simboli LGBTQIA+ o queer che sono universalmente riconosciuti nella comunità e che vengono orgogliosamente indossati o mostrati durante le manifestazioni e gli eventi a livello globale. Qui di seguito eccone alcuni esempi:
- Bandiera arcobaleno: è sicuramente il simbolo LGBTQIA+ maggiormente diffuso ed utilizzato globalmente, dove vi sono i 7 colori dell’arcobaleno cioè il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il blu e il viola in senso orizzontale. Fu utilizzato per la prima volta nel 1978 in occasione della San Francisco Gay and Lesbian Freedom Day Parade, evento in cui si sventolò proprio questa bandiera. Questo simbolo arriva all’incirca 10 anni dopo i moti di Stonewall di New York, data storica dove ha inizio il movimento americano.
- Oltre alla versione sopra citata, esistono numerose altre bandiere che rappresentano le diverse identità all’interno della comunità LGBTQIA+. La bandiera bisessuale, composta da bande rosa, viola e blu, simboleggia l’attrazione verso più generi. La bandiera lesbica include sfumature di rosa e arancione per celebrare le donne che amano altre donne. La bandiera transgender presenta bande azzurre, rosa e bianche per rappresentare rispettivamente i generi maschile, femminile e neutro, accogliendo chiunque si identifichi al di fuori del binarismo di genere. Anche le persone asessuali, non binarie, pan sessuali e intersessuali hanno bandiere dedicate, ciascuna con colori e simbolismi specifici per dare visibilità e riconoscimento a ogni identità. Queste bandiere insieme riflettono la ricchezza e complessità della comunità queer, promuovendo un messaggio di inclusione e rispetto per tutte le esperienze e identità.
- Triangolo rosa rovesciato: questo simbolo, è senz’altro quello tra i citati che più riconduce indietro nel tempo e fa emergere un momento storico critico per le persone omosessuali. Durante la Seconda Guerra Mondiale e, in particolare, con l’Olocausto le persone gay furono bersaglio della Germania Nazista. Chiunque venisse deportato era suddiviso in gruppi per crimine e identificati in base a un colore (origini gitane, testimoni di Geova, asociali intesi come vagabondi, prigionieri politici, emigranti, delinquenti comuni ecc.), nel caso delle persone omosessuali era infatti un triangolo rosa. Per sottolineare la recidività della persona si poneva inoltre un rettangolo al di sopra della base rovesciata del triangolo. Queste persone erano dunque costrette ad indossare nei campi di concentramento questo simbolo sui loro vestiti, così da accentuare ancora di più l’aspetto discriminante all’interno della “gerarchia” creata in queste prigioni a cielo aperto. Negli anni a venire il triangolo rosa rovesciato è stato rivendicato ed è diventato un simbolo d’orgoglio e resistenza per la comunità, tanto che fu utilizzato negli anni ’70 dai gruppi di liberazione gay. Proprio come per la bandiera arcobaleno, esistono varianti di colore differente che identificano altri gruppi queer.
Il movimento LGBT+: l’incipit
Il movimento LGBT+, noto anche come movimento di liberazione omosessuale, è riconosciuto in una serie di gruppi, associazioni ed organizzazioni che hanno come scopo principale quello di apportare un cambiamento della condizione sociale, culturale, giuridica e politica per le persone della comunità LGBTQIA+.
Il movimento a favore dei diritti omosessuali ha radici lontane: il primo accenno risale al 1897, quando il sessuologo tedesco Magnus Hirschfeld, insieme a un gruppo di intellettuali, fondò il Comitato Scientifico-Umanitario (WHK), considerato il primo gruppo organizzato per il movimento omosessuale. Hirschfeld morì prima della Seconda Guerra Mondiale, e il suo collaboratore, sopravvissuto ai campi di concentramento, tentò senza successo di far risorgere il WHK dopo la guerra.
La nascita vera e propria del movimento omosessuale contemporaneo, dove veniva riconosciuta la giusta dignità ad ogni persona, viene generalmente ricondotta ai moti di Stonewall a New York, il 27 giugno 1969. Presso lo storico locale Stonewall Inn, frequentato dalla comunità queer, vi furono diverse giornate di disordini e repressioni con la polizia locale, con tanto di scontri fisici tra le due parti. In risposta agli eventi, nel luglio dello stesso anno fu fondato il Gay Liberation Front, che organizzò la prima marcia commemorativa e diede inizio ai Pride, diventati un appuntamento annuale per celebrare i diritti LGBTQIA+.
Il movimento LGBT+ in Italia
In Italia, invece, un primo tentativo di creare un movimento di liberazione omosessuale risale al 1922, con Aldo Mieli, unico delegato italiano al Congresso Mondiale sulla Libertà Sessuale. Mieli riuscì a portare avanti la sua battaglia per qualche anno, ma nel 1926 fu costretto a rifugiarsi in Francia a causa del clima politico dell’epoca. Nel Dopoguerra, diverse associazioni italiane per i diritti LGBT+ iniziarono a emergere: la “Roma-1” fondata da Massimo Consoli nel ‘66, il “Fuori!” di Angelo Pezzana e Mario Mieli nel ‘71, e il CIDAMS, sempre di Consoli, nel ‘73. Inoltre, nel 1982, grazie all’iniziativa del sacerdote omosessuale Marco Bisceglia, nacque l’ARCI gay, che tenne il primo incontro nazionale a Palermo, evento dovuto anche a un tragico fatto di cronaca che scosse la società italiana dell’epoca: l’omicidio di due giovani siciliani trovati mano nella mano.
Dagli anni ’90 in poi, il movimento LGBTQIA+ in Italia ha continuato a crescere, con l’attività di associazioni come A.GE.DO, MIT e Famiglie Arcobaleno, che si sono impegnate a sostenere i diritti della comunità e a promuovere una maggiore inclusione nella società.
Un movimento in continua evoluzione
La battaglia per i diritti di tutte le persone queer però non si esaurisce solo a questi momenti: negli anni a seguire furono tante le manifestazioni a supporto. Momenti importanti per la comunità arcobaleno sono sicuramente quelli della Giornata Internazionale della visibilità transgender (31 marzo), della Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (17 maggio), del Pride Month nel mese di giugno e del Transgender Day of Remembrance (20 novembre).
Valore D invita a riflettere su quanto possa essere preziosa la diversità, senza temere discriminazioni legate all’identità di genere o all’orientamento sessuale nella vita privata come quella lavorativa. Ogni persona deve essere libera di esprimere la propria identità, godendo dei medesimi diritti senza paura di ripercussioni. La sfida per una società più equa per tutti è lunga, ma con la giusta sensibilizzazione è possibile mirare allo stesso obiettivo: un mondo più inclusivo ed equo per tutte le persone!