Le donne al bivio tra figli e lavoro, freno alla crescita

Una delle sfide principali che l’Italia deve affrontare nei prossimi decenni è crescere – in termini di ricchezza economica e benessere sociale – in una fase di riduzione senza precedenti della popolazione in età lavorativa. Secondo quanto sostiene Alessandro Rosina in un interessante articolo apparso oggi sul Sole 24 Ore, una delle leve principali per aumentare gli occupati è incentivare il lavoro femminile. Se da un lato, l’Italia sarà uno dei Paesi con maggior riduzione della forza lavoro potenziale da qui al 2050, dall’altro è anche una delle economie avanzate rivelatesi finora meno in grado di impiegare concretamente le capacità e le competenze delle donne nei propri processi di crescita.

 

Il gender gap nell’occupazione

Nel nostro Paese il tasso di occupazione femminile stenta ad arrivare al 50%. Tra i grandi Paesi europei, il valore più alto è quello della Germania, vicino al 72%, segue il Regno Unito, poco sopra al 70%, la Francia attorno al 62%, la Polonia poco sopra al 60%, la Spagna attorno al 57%. I dati del recente report Istat “Famiglie e mercato del lavoro” evidenziano che tra le coppie con minori solo nel 27,5% dei casi entrambi i genitori lavorano a tempo pieno e nel 16% il padre è full-time e la madre part-time. Il contributo femminile all’economia formale e al reddito familiare in presenza di figli continua a essere fortemente minoritario nel nostro Paese, ancor più nelle fasce sociali più svantaggiate.

Gli squilibri demografici prodotti e la forte necessità di dare a essi una risposta, sono la dimostrazione più evidente che la riduzione del gender gap non è solo una questione di principio, ma una necessità per crescere in modo solido e strutturale. Esistono ostacoli oggettivi, ingiustificati, che frenano la valorizzazione del capitale umano femminile.

 

Potenziare le misure di conciliazione vita privata – lavoro

Oltre alla necessità di orientare in modo più efficace le scelte formative e professionali nei percorsi femminili, l’altro annoso nodo da sciogliere è quello della conciliazione tra dimensione lavorativa e impegni familiari. Le carenze su questo fronte portano le donne con figli a dover rinunciare al lavoro. In Italia queste rinunce individuali non solo vincolano al ribasso le scelte femminili, ma alimentano squilibri che diventano un costo collettivo per le ricadute su: bassa natalità, diseguaglianze sociali, inefficiente utilizzo del capitale umano.

Un potenziamento delle misure di conciliazione avrebbe quindi un effetto positivo sull’occupazione femminile e sulla fecondità. La cultura della conciliazione deve, inoltre, poter entrare in modo solido nelle aziende con particolare attenzione a quelle piccole e medie.

 

La buona notizia è che per superare gli squilibri demografici crescenti dell’Italia è necessario semplicemente fare ancor più e meglio quello che dovremmo comunque fare come Paese, ovvero mettere le persone nelle condizioni di poter realizzare assieme e con successo – indipendentemente dal loro genere e dalla loro origine sociale – le proprie scelte professionali e i propri progetti di vita.

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