Umana ha organizzato ieri presso la sede di Assolombarda il convegno “Generazione Z – Un nuovo approccio al Mondo del Lavoro”, per capire come questa generazione, il cui rapporto con le nuove tecnologie è senz’altro l’elemento distintivo, vede e affronta il futuro, come si avvicina all’impresa. Umana ha dato vita a un’indagine nazionale, con la collaborazione scientifica di Valore D e dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, che fotografa i giovani e fornisce a chi si occupa di recruitment gli strumenti per capire meglio i loro talenti. Che cosa ne è emerso? E quale percezione hanno le aziende di questi nuovi lavoratori?
Il nuovo approccio al lavoro della Generazione Z
Alla domanda “Il lavoro è per te…“, la percentuale più elevata di risposta è quella che corrisponde a “è uno strumento per procurare reddito”, ma cresce molto anche la voce “luogo di impegno personale” che si posiziona poco sotto la precedente. Arrivano a superare il 90% anche le voci “un modo per affrontare il futuro” e “una modalità di autorealizzazione”. L’autorealizzazione non è quindi al primo posto, non perché non sia questo il desiderio principale dei giovani, ma perché l’impatto della crisi economica che investito i Millenials e le persistenti difficoltà del Paese hanno reso più concreti e pragmatici i giovani rispetto alle condizioni materiali.
La preoccupazione principale è quindi quella di un buono stipendio (94,2%), che porta con sé anche la possibilità di affrontare il futuro (91,3%). In mezzo c’è però la consapevolezza della necessità di mettere l’impegno personale (93,1%), che risulta anche un modo per sentire il lavoro come qualcosa di proprio, che coinvolge e stimola a fare e migliorarsi.
Questi dati sembrano suggerire che il desiderio di fondo della Generazione Z non sia tanto quello di porre confini al lavoro per dare più spazio alla vita libera dal lavoro, ma di contaminare i due territori e soprattutto riempire di vita il lavoro, in termini di passioni, interessi, modalità di integrazione con le scelte familiari e di vita. Rispetto agli elementi considerati utili per trovare un buon lavoro il titolo di studio è sempre più considerata una condizione necessaria ma non sufficiente (13,6%). Il requisito nettamente più importante è la capacità di adattarsi (44,9%) da intendere non solo rispetto a quanto il mercato offre ma anche e soprattutto ai cambiamenti del mondo del lavoro.