L’agricoltura si conferma il settore più al femminile dopo il commercio.
Certo, le donne, nel settore agricolo, ci sono sempre state. In inglese le chiamavano silent workers, perché il loro lavoro non compariva mai, non veniva neanche pagato. Oggi, meno silenziose di ieri, le donne sono il motore delle aziende a conduzione familiare, cioè del 76% di tutte le aziende agricole europee.
Nel nostro Paese diventano il perno della ripresa e si trasformano in imprenditrici agroalimentari: secondo i dati Crea sono circa 500 mila, ma questo dato dipende dal censimento agricolo che non rileva le cosiddette coniugi coadiuvanti, la cui stima si aggira attorno alle 431 mila. Insomma, le donne in agricoltura sono tantissime e, a quanto pare, le aziende a conduzione femminile hanno tenuto meglio la crisi, calando solo dell’1% a fronte del 9% maschile.
I dati sono confermati anche da Coldiretti, che informa che le cose funzionano soprattutto il Emilia Romagna, dove 12.400 imprese agricole (l’equivalente di 1 azienda su 5, o il 21,8%) sono guidate da donne. Il loro ingresso nel settore è stato supportato soprattutto dalla Legge di Orientamento del 2001, che ha di fatto creato nuove opportunità nelle campagne italiane e si è poi radicato in attività legate non tanto alla produzione ma alla trasformazione dei prodotti, all’agriturismo, alle fattorie sociali e didattiche, ai mercati degli agricoltori di Campagna amica, alla valorizzazione di prodotti tipici della tradizione italiana.
«Questa multifunzionalità, che è la caratteristica principale delle aziende agricole condotte da donne, genera più occupazione perché sviluppa attività particolari che si affiancano a quella principale per fornire un prodotto o un servizio particolare», ha commentato la neo-delegata di Coldiretti Donne Impresa Emilia Romagna. «La capacità di coniugare la sfida con il mercato, il rispetto dell’ambiente e la qualità della vita a contatto con la natura sembra essere una delle principali ragioni della presenza femminile nelle campagne».
Badiamo bene, peraltro, che secondo l’Eurostat, il settore agricolo italiano ha registrato nel 2013 43 miliardi di euro annui negli anni passati, diventando la terza potenza agricola dell’Unione Europea. Nel 2016, l’Italia era al primo posto nella UE 28 per livello di valore aggiunto in agricoltura. E questi meriti, ora senza silenzi, sono anche femminili.