Lo Smart Working è una realtà nel 58% delle grandi imprese, crescono i progetti strutturati nelle PMI e nella PA toccano il 16%. Gli smart worker in Italia sono ormai 570mila, crescendo del 20% rispetto al 2018. Ad affermarlo è l’Osservatorio Smart Working 2019 della School of Management del Politecnico di Milano, i cui risultati sono stati presentati in occasione del convegno “Smart Working davvero: la flessibilità non basta” e riportati dal Corriere l’Economia.
Il trend di crescita dello smart working tocca anche le PMI (12%). A queste percentuali vanno aggiunte un 7% di imprese che ha già attivato iniziative informali e un 5% che prevede di farlo nei prossimi dodici mesi. Del restante 30%, il 22% ne dichiara probabile l’introduzione futura e soltanto l’8% non sa se lo introdurrà o non manifesta alcun interesse. A fronte di questa crescita modesta, c’è da registrare un aumento di maturità delle iniziative, che abbandonano lo stato di sperimentazione e vengono estese ad un maggior numero di lavoratori: circa metà dei progetti analizzati è già a regime e la popolazione aziendale media coinvolta passa dal 32% al 48%.
Gli smart worker, i lavoratori più soddisfatti e più coinvolti
Il 76% degli smart worker è soddisfatto del proprio lavoro, contro il 55% degli altri dipendenti. Uno su tre è pienamente coinvolto nella realtà in cui opera, rispetto al 21% di chi lavora in modalità tradizionale. Secondo le organizzazioni, i principali benefici riscontrati dall’adozione dello smart working sono il miglioramento dell’equilibrio fra vita professionale e privata (46%) e la crescita della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti (35%). Ma la gestione degli smart worker presenta secondo i manager anche alcune criticità, in particolare le difficoltà nel gestire le urgenze (per il 34% dei responsabili), nell’utilizzare le tecnologie (32%) e nel pianificare le attività (26%), anche se il 46% dei manager dichiara di non aver riscontrato alcuna criticità.
Sono stati premiati con lo Smart Working Award 2019 come migliori progetti di smart working anche delle aziende associate di Valore D, Saipem e Sky Italia.
Le criticità e le difficoltà di diffusione: 4 su 10 PA non hanno ancora progetti
Nonostante questi dati incoraggianti, il ritardo resta evidente nell’Amministrazione Pubblica, con quasi 4 PA su 10 che non hanno progetti di Smart Working e sono incerte (31%) o addirittura disinteressate (7%) rispetto alla sua introduzione. Va inoltre sottolineato come i progetti di smart working nelle PA risultino ancora limitati in termine di diffusione interna poiché coinvolgono mediamente il 12% della popolazione dell’amministrazione, percentuale radicalmente diversa a quella delle imprese private.
Se si interrogano gli smart worker, invece, la prima difficoltà a emergere è la percezione di isolamento (35%), poi le distrazioni esterne (21%), i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%) e la barriera tecnologica (11%).
Un “fenomeno inarrestabile”
“Ma lo Smart Working non è solo una moda, è un cambiamento che risponde alle esigenze delle persone, delle organizzazioni e della società nel suo complesso, e come tale è un fenomeno inarrestabile. La dinamica con cui sta crescendo nel nostro Paese tuttavia, non è abbastanza veloce – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working -. In realtà importanti per l’economia del nostro sistema Paese come PMI e PA la diffusione dello Smart Working non è ancora sufficiente.
Questo limita la portata del contributo che lo smart working può dare per rendere più moderno il mercato del lavoro, le imprese e le PA più competitive ed attrattive e le nostre città più inclusive e sostenibili.
“Per praticare davvero lo smart working occorre superare l’associazione che sia solo lavoro da remoto, ma interpretarlo come un percorso di trasformazione dell’organizzazione e della modalità di vivere il lavoro da parte delle persone” conclude Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working.