Di “Education at a Glance 2018” avevamo già parlato qui. Ci eravamo concentrati sul fatto che l’OCSE confermasse che le numerose differenze di genere nel campo dell’educazione sul territorio italiano si traducano anche in severi divari a livello lavorativo. In parole povere: le ragazze sono più brave a scuola e si laureano più in fretta, eppure i loro contratti e i salari sembrerebbero dire il contrario.
Quello che non avevamo detto, e che emerge dal rapporto OCSE, era che non tutte si laureano. Il 40% delle ragazze italiane fra i 25 e i 29 anni risulta inattivo, o, come si dice oggi, “neet”: quindi non studia, non lavora né, tanto meno, cerca lavoro. La percentuale si riduce man mano che cresce il livello di istruzione (solo il 17% di laureate è inattivo). Fra i ragazzi della stessa età, invece, la quota di neet è più bassa e sfiora il 28%. Si tratta di numeri che pongono questo gender gap al quinto posto fra i più alti dell’area OCSE.
E sia. Che si laureino o meno, sembra che il nostro Paese sia ancora un contesto poco favorevole alle donne. Come percentuale complessiva di neet (di entrambi i sessi), infatti, l’Italia è al primo posto in Europa insieme alla Grecia: basti considerare che, in generale, 8 ragazzi italiani su 10 con genitori che non hanno il diploma, non hanno a loro volta ottenuto un diploma, mentre la media OCSE è di 3,5 su 10. Questo nonostante una scuola dell’obbligo prevista oltre i 15 anni.
Scendendo con l’età, gli inattivi rappresentano il 10% dei giovani fra i 15 e i 19 anni (contro l’8% della Grecia), il 30% dei 20-24enni (sono il 34% in Grecia) e il 34% dei 25-29 enni, contro il 35% della Grecia.
Ma proviamo con una fascia d’età diversa. Se consideriamo le ragazze fra i 25 e i 34 anni, è inattiva una su 3. Che fa ancora più impressione, se si tiene conto che la quantità è la stessa di 15 anni fa. Fra le diplomate (si parla quindi di liceo) a essere inattive oggi sono 3,5 su 10 e il divario geografico è importante: al sud le inattive sono il doppio rispetto al nord. Fra le laureate (qui ci si riferisce invece all’università), sono inattive quasi 2,5 su 10, con una percentuale del 17% al nord e del 38% al sud,
Come ben dice il Sole 24 Ore, sembra che “meno studi, meno lavori e se lavori si va allargando il gap con i coetanei uomini: il divario fra tassi occupazionali di maschi e femmine è maggiore dove si studia di meno. In altre parole, lo svantaggio si accumula nel tempo”. La domanda a questo punto è: quali sono le prospettive future per queste giovani donne? Su quale indipendenza economica potranno contare?