Svezia: le banche nazionali a guida femminile, ma il gender gap è ancora ampio

Tre donne arrivano ai vertici della finanza in Svezia, anche se resta ancora un risultato di eccezione nel Paese scandinavo e anche nell’UE la parità è ancora lontana.

Quando si parla di cariche aziendali e di stipendi il divario di genere è ancora ampio in tutta Europa, ma la Svezia fa per l’ennesima volta da apripista con un tris di donne in posizioni apicali nel sistema bancario nazionale. La Svenska Handelsbanken ha scelto ieri come amministratrice delegata la 56enne Carina Akerstorm, portando a tre il numero delle grandi banche nazionali a guida femminile. Birgitte Bonnesen è da due anni al timone di Swedbank e Berit Behring guida il potentissimo ramo svedese di Danske Bank mentre Annika Falkengren ha appena lasciato dopo dodici anni la poltrona di ad della Seb. Queste donne ai vertici della finanza restano però un’eccezione persino per il Paese scandinavo.

 

I numeri svedesi

La Svezia è stato il primo Paese in Europa a introdurre il diritto alla paternità (480 giorni pagati per mamma o papà), ha un Parlamento dove il 43,6% degli eletti sono deputate. E una donna, Antje Jackelén, è il primate della Chiesa di Stoccolma. Nel mondo del business però le percentuali sono meno favorevoli: solo 28 delle 329 aziende quotate sono a guida femminile e la rappresentanza di ad donne al 7% del totale, in linea con la scarsissima media europea e italiana, e il pay gap si assesta intorno al 12%.

 

 

Panoramica del gender gap

I paesi più virtuosi sul fronte del gender gap ai vertici delle imprese sono la Thailandia, dove il 30% delle grandi aziende ha una ceo al timone, seguita dalla Cina al 19%. Anche negli Stati Uniti la presenza femminile è forte ma si riduce mano mano che si risalgono le gerarchie aziendali. Il 40% dei dipendenti delle maggiori 1.500 aziende nazionali – calcola uno studio recentissimo di Goldman Sachs – sono donne. Percentuale che scende al 35% tra i manager, si restringe al 20% tra i direttori per crollare al 6% tra gli amministratori delegati.

 

L’Italia viaggia invece nella media europea. La legge Golfo-Mosca che ha reso obbligatorie le quote di genere nei consigli d’amministrazione quadruplicando le consigliere al femminile nei cda, che sono oggi il 33% circa del totale. Le donne ad sono invece solo il 7% del totale. Ma il gap con l’universo maschile è impressionante anche sul fronte dello stipendio. Tra i 250 manager più pagati del listino italiano nel 2017 (ultimi dati disponibili), i maschi erano ben 240.

 

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