Il termine gap generazionale compare per la prima volta durante gli anni Sessanta in alcuni Paesi occidentali per indicare le differenze culturali che si erano formate tra la generazione dei Baby Boomers, ovvero le persone nate tra il 1946 e il 1964 e quella dei loro genitori. Non che le differenze generazionali non esistessero prima, ma questo periodo fu testimone di parecchie divergenze, specie su argomenti quali gusti musicali, moda e politica.
Cosa intendiamo quando parliamo di gap o divario generazionale
Il gap generazionale rappresenta il divario di idee, valori, approcci culturali, opportunità e sviluppo economico-tecnologico-sociale che si crea tra la generazione più giovane e quelle precedenti. Il divario generazionale indica il ritardo che una generazione accumula per raggiungere l’indipendenza economica o certi obiettivi di crescita personale e professionale rispetto alle generazioni precedenti. Ciò di cui in particolare si tiene conto sono gli ostacoli che si interpongono nel processo di raggiungimento della maturità sociale ed economica. Per rilevarli nel 2015 la Fondazione per la Ricerca Economica e Sociale ETS, già Fondazione Bruno Visentini e il ClubdiLatina hanno messo a punto il GDI – Generational Divide, ovvero l’indice di divario generazionale, costruito anche grazie alle rilevazioni dello Youth development Index (YDI) elaborato dal Commonwealth Youth Programme (CYP) in collaborazione con l’Institute for Economics and Peace (IEP). Si tratta di un indicatore sintetico realizzato per rilevare gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento della maturità economica e sociale delle giovani generazioni, espressi attraverso un grado di difficoltà indicato dall’indice.
Per comprendere al meglio lo scenario attuale, tuttavia è necessario tenere in considerazione anche le connessioni esistenti tra una molteplicità di fattori, come l’aumento della scolarizzazione dei più giovani, i cambiamenti normativi sull’età pensionabile, l’effetto combinato di aumentata aspettativa di vita e denatalità. Gli squilibri intergenerazionali presenti nella nostra società, infatti, impongono una riflessione ampia e richiedono azioni concrete e sinergiche a garanzia di una reale sostenibilità.
Il gap generazionale come risorsa
Sul luogo di lavoro il gap tra generazioni può spesso portare a conseguenze spiacevoli, soprattutto in termini di dialogo e collaborazione. Il progresso tecnologico e la comparsa di nuove piattaforme hanno inoltre contribuito ad ampliare questo divario.
La disparità in ambito lavorativo si riflette anche sulla sfera economica con il nome di generational pay gap. Negli ultimi decenni è infatti aumentato il divario tra i salari dei lavoratori più giovani e quelli più senior. La ricerca “Countries for Old Men: An Analysis of the Age Wage Gap” evidenzia proprio questo aspetto: in Italia, tra il 1985 e il 2019, il divario salariale tra i lavoratori di età superiore ai 55 anni e quelli di età inferiore ai 35 anni è aumentato del 96%. (Bianchi N., Paradisi M. Countries for Old Men: An Analysis of the Age Wage Gap, 2022)
Tuttavia, oltre a comprendere quali siano i giusti strumenti e le corrette modalità per riuscire a ridurre i divari presenti, è importante riconoscere che le differenze tra generazioni possono anche essere una risorsa da cui partire per trovare nuovi stimoli e occasioni di confronto.
In tal senso, molto utile può rivelarsi il reverse mentoring, una pratica di mentoring “al contrario” basata sullo scambio generazionale, dove la fascia più giovane trasmette competenze e insegnamenti a quella più senior, ma che grazie al confronto tra punti di vista e approcci diversi porta beneficio a entrambi. Ad esempio un tema che può essere trattato riguarda l’uso di Internet e le nuove tecnologie: applicando questo strumento, l’azienda può infatti puntare su un’alleanza generazionale funzionale al superamento del digital gap.
Il reverse mentoring può inoltre essere utilizzato per favorire dinamiche di Diversity & Inclusion, e creare un collegamento tra le nuove generazioni. Di fatto, come mostrato anche dalla ricerca di Valore D Oltre le Generazioni, a prescindere dalle forme di supporto Generazione Z e Baby Boomer si ritrovano ai margini del capitale sociale lavorativo. Si rivelano quindi necessarie delle azioni di inclusione capaci di creare una rete di relazione tra senior e junior da cui entrambe le generazioni possano trarre beneficio.
Altri esempi di pratiche di alleanza generazionale sono lo shadow board che vede la collaborazione di giovani dipendenti con il consiglio di amministrazione nell’ambito di iniziative strategiche e il workers buyout, un meccanismo che consente la costituzione di nuova imprenditorialità attraverso il percorso di acquisto di una società realizzato dai dipendenti stessi anche in assenza di passaggio generazionale.
Dialogo e ascolto come primi gradini per superare il divario generazionale
Colmare il gap generazionale non significa rimuovere le diversità che, come si è visto, possono rappresentare vere e proprie risorse, quanto più rimuovere gli ostacoli che impediscono trattamenti ed opportunità equi per ciascuno. Per risolvere la distanza che, comprensibilmente, si crea tra diverse generazioni serve prima di tutto eliminare i preconcetti legati all’età e partire dall’ascolto e dalla costruzione di un dialogo strutturato e condiviso. Come emerge dalla ricerca di Valore D sulla correlazione tra età ed ostacoli riscontrati in situazioni lavorative, la Generazione Z è quella che si sente meno ascoltata: quasi una persona su due (47,8%) percepisce la propria età come un impedimento nel far valere le proprie opinioni con gli altri colleghi e responsabili.
In ambito aziendale, ad esempio, serve promuovere incontri ed incentivare momenti di formazione e sensibilizzazione sulle differenze e i punti di contatto tra generazioni, durante i quali si possano scambiare conoscenze, opinioni e competenze. Inoltre, può risultare molto utile avere uno sguardo esterno, proveniente ad esempio dal coaching, che analizzi oggettivamente la situazione e proponga nuovi paradigmi e modalità di comunicazione.
All’interno del panorama lavorativo, lavorare sulla differenza generazionale sarà sempre più cruciale, nonché una leva vantaggiosa che, se opportunamente gestita, è in grado di creare team eterogenei e collaborativi. Come emerge da Women and Men: Diferent Networks, Diferent Outcomes (Redthread Reasearch, 2019) citato nella ricerca Oltre le Generazioni, essere maggiormente coinvolti in team e progetti diversificati, rappresenta un vantaggio in termini di esposizione e di costruzione del network professionale dentro e fuori il contesto aziendale. Eliminando i pregiudizi e promuovendo una cultura aziendale incentrata su ascolto ed inclusione è possibile ridurre, se non rimuovere, il divario generazionale, senza compromettere quelli che invece sono le risorse e i vantaggi che proprio la moltitudine e diversità di età può apportare.
Uno scorcio lo dà il libro di Beniamino Pagliaro, consigliato lo scorso anno da Valore D e il cui tema resta attuale. “Boomers contro Millennials”, attraverso una narrazione innovativa e un’analisi diretta dei problemi sociali, propone infatti di aprire un fronte di dialogo intergenerazionale per poter pensare, insieme, un presente e futuro diverso.