Felicità al lavoro, il segreto è il senso di appartenenza

Cosa rende le persone soddisfatte della loro vita? Cosa rende un dipendente felice sul lavoro? Secondo Lord Richard Layard, Program director del Centre for Economic Performance presso la London School of Economics, sono le stesse cose che rendono felici le persone nella loro vita: il senso di appartenenza, i legami sociali e uno scopo o un significato da perseguire.
Tera Allas, direttore della ricerca e dell’economia del McKinsey Center for Government, ha intervistato Lord Layard su quale ruolo possano avere anche i datori di lavoro nel migliorare la vita dei loro dipendenti di fronte alle sfide attuali, come l’avanzata tecnologica o il benessere psicologico, che è uni dei fattori più importanti. Insieme alla qualità di una relazione di coppia, la qualità del lavoro, la qualità del contesto sociale, la sicurezza, e naturalmente, la salute.

 

E se il lavoro non dà soddisfazione?

Uno dei risultati più ovvi della ricerca sulla felicità nelle aziende è che le persone, in media, non apprezzano molto il proprio lavoro. È un dato di fatto che dobbiamo davvero considerare seriamente: il lavoro è considerato spesso noioso o estenuante, e la prospettiva della disoccupazione ancora peggiore. Ovviamente, le persone ricevono qualcosa di importante in cambio dall’attività lavorativa: un significato, il perseguimento di uno scopo, una connessione sociale, e così via. Ma come i lavoratori impiegano gran parte della giornata lavorativa non è molto piacevole, e l’ideale sarebbe riuscire a migliorare questo aspetto.

 

Cosa possono fare i datori di lavoro?

Le persone trascorrono un quarto o un terzo di ogni giorno al lavoro. Se non possiamo avere una società in cui le persone sono felici del loro lavoro, c’è qualcosa di molto sbagliato. E il datore di lavoro ha un ruolo enorme nel definire il contesto in cui le persone trascorrono il loro tempo al lavoro.
Ed ecco un dato rilevante: il momento che le persone meno apprezzano sul lavoro è quando sono con il loro capo. Questo dice molto sullo stile di gestione che abbiamo generato negli ultimi anni. C’è pressione, con conseguenti sensazioni di ansia e paura, e non abbastanza motivazione e ispirazione. Abbiamo bisogno invece di leader che ispirino e che diano un indirizzo, piuttosto che di rigidità e di controllo. Un altro punto riguarda le retribuzioni: rispetto alla promozione delle performance singole, dovremmo pensare alla retribuzione per prestazioni dell’intero team.

 

In che modo il lavoro influisce sul benessere psicologico?

Una buona parte della forza lavoro soffre di qualche forma di stress o disagio – diciamo una su sei. Quanti ne soffriranno nel corso della vita lavorativa? Probabilmente anche uno su tre. Questo non è un fenomeno di poco conto quando si parla di benessere e felicità nelle aziende. E i datori di lavoro hanno un vero e proprio dovere di prendersene cura.

C’è un famoso studio di Alex Edmans della London Business School che prende i “100 migliori posti in cui lavorare” negli Stati Uniti e  li valuta rispetto al resto delle migliori aziende, seguendoli per 25 anni. E le aziende che si qualificano tra i migliori posti in cui lavorare aumentano il loro valore azionario del 50% rispetto agli altri. I dipendenti sentono se il datore di lavoro sta migliorando la loro vita. E questa è la cosa giusta da fare.

 

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Di seguito il video originale dell’intervista con sottotitoli:

 

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