Effetti dello smart working su uomini e donne

Si sta facendo sempre più strada il concetto di smart working, che implica una completa riorganizzazione dei tempi e dei luoghi di lavoro, non solo per le donne, ma per tutti i lavoratori, che possono scegliere, in accordo con il datore di lavoro e per una parte della settimana lavorativa, gli orari e il luogo in cui svolgere le loro attività, grazie alle nuove tecnologie. Si possono misurare gli effetti dello smart working per lavoratori e datori di lavoro, uomini e donne? Paola Profeta ne scrive oggi sul Sole 24 Ore.

 

Le conseguenze dello smart working per uomini e donne

Il progetto europeo Elena (Experimenting flexible Labour tools for Enterprises by engaging men and women), del dipartimento Pari opportunità, presidenza del Consiglio dei ministri, in partnership con il Centro Dondena per le dinamiche sociali e politiche pubbliche dell’Università Bocconi, ha provato per la prima volta a dare una risposta rigorosa. Marta Angelici e Paola Profeta hanno analizzato le conseguenze dello smart working per uomini e donne attraverso un esperimento su un campione significativo di 300 dipendenti di una grande società italiana che non aveva mai utilizzato prima questa forma di flessibilità. Il campione è stato diviso in modo casuale tra soggetti “trattati” che hanno sperimentato per un periodo di 9 mesi il lavoro flessibile e soggetti “di controllo”, con caratteristiche osservabili simili, che non sono stati sottoposti alla politica del lavoro flessibile.

 

I numeri dei benefici

Gli effetti sulla produttività del lavoratore, il benessere del lavoratore (salute, umore, stress) e il bilanciamento vita-lavoro sono tutti positivi, sia per uomini sia per donne. Dopo quattro mesi dall’avvio, vediamo ogni mese un aumento della produttività dei lavoratori che hanno usufruito dello smart working (rispetto a quelli che non l’hanno sperimentato) che oscilla tra il 3 e il 4 per cento.

 

Andamento della produttività

 

Per quanto riguarda la soddisfazione, l’utilizzo dello smart working fa aumentare mediamente per ogni lavoratore (uomini e donne) del 3,16 per cento quella percepita per il proprio reddito (rispetto al lavoratore che non lo sperimenta), del 2,34 per cento la soddisfazione per il lavoro, del 14 per cento per il tempo libero e dell’8,73 per cento per la vita in generale. Per alcune di queste dimensioni, il miglioramento è più accentuato per le donne rispetto agli uomini (figura 2).

Inoltre, l’utilizzo dello smart working fa aumentare mediamente per ogni lavoratore del 6,6 per cento la soddisfazione per il bilanciamento vita-lavoro (rispetto al lavoratore che non lo sperimenta), in particolare del 5,4 per cento per gli uomini e del 7,94 per cento per le donne.

 

Andamento della soddisfazione

 

E contribuisce ridurre il gender gap

Lo smart working, quindi,  è una misura utile per tutti, uomini e donne. Grazie a questo, è particolarmente promettente per ridurre le differenze di genere sul mercato del lavoro. Ad esempio, lo studio dimostra che grazie al lavoro flessibile, gli uomini hanno dedicato più tempo alla cura dei figli. Come sappiamo, questo è un passo fondamentale per ridurre le disuguaglianze del carico di cura tra uomini e donne. I risultati confermano che, per ridurre i differenziali di genere sul mercato del lavoro, in particolare gli svantaggi delle madri, non basta la necessaria tutela dei diritti fondamentali, quali i congedi di maternità, ma è importante anche prevenire la penalizzazione che le madri subiscono sul lavoro.

Il ridisegno complessivo dell’organizzazione del lavoro per uomini e donne nel nome della flessibilità è la sfida oggi da cogliere in questa direzione.

 

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