Diversità di genere: solo il 17% delle donne è dirigente

Il divario di genere in azienda è ancora forte, soprattutto nelle posizioni di maggiore responsabilità, anche se negli ultimi anni c’è stato un lieve miglioramento. E persiste il pay gap, anche se aumenta tra le qualifiche più elevate. Da una parte pesano resistenze culturali, per cui le aziende negli ultimi anni hanno avviato programmi specifici per superare il divario.

Queste sono le  tendenze che emergono dalla ricerca «Diversità di genere nel mondo aziendale. Tra gender pay gap e valorizzazione del talento femminile» realizzata da EY in collaborazione con Aicas (Associazione italiana consiglieri di amministrazione e sindaci). Lo studio, su dati 2018, si basa su un campione di 34 realtà industriali e istituzioni finanziarie, che impiegano più di mezzo milione di dipendenti.

Il report evidenzia che, nelle aziende italiane, le donne occupano il 42% delle posizioni (il 48% nel settore finanziario) ma tra i quadri la percentuale è del 32% e crolla al 17% per i dirigenti (anche se in aumento di due punti rispetto al 15% del 2015).

 

Se poi ci si focalizza sui ruoli di vertice, le difficoltà sono ancora più evidenti: solo 11% delle aziende analizzate, vede una donna in queste posizioni. Le donne dirigenti apicali operano soprattutto nell’area marketing (il 43% del totale), nel legale (41%), nei controlli interni (33%) e nelle risorse umane (31%), mentre sono assenti tra i direttori generali e quasi del tutto assenti in ambiti quali le operations, il business development, l’IT, l’area finanziaria. Lo studio rivela, inoltre, che la presenza femminile nei Consigli d’amministrazione, sostenuta dalla Legge Golfo-Mosca del 2011 (quella sulle “quote rosa” nei cda delle società quotate e partecipate), è cresciuta negli ultimi anni raggiungendo il 36% (il 33% nei collegi sindacali). Nel 13% dei casi la posizione di presidente del cda è occupata da una donna, ma nessuna delle aziende analizzate ha una donna come ceo-amministratore delegato.

 

Il pay gap ha dimensioni contenute per impiegati (-7%, pari a 2.700 euro) e quadri (-6%, pari a 3mila euro), mentre è più rilevante per i dirigenti (-14%, vale a dire 19.500 euro). Un peso lo hanno avuto anche le imprese: il 42% di quelle analizzate sta lavorando su percorsi di sviluppo, formazione, mentoring, coaching dedicati alle donne. Inoltre, negli ultimi cinque anni il 91% ha definito piani di welfare (il 30% ha istituito orari di lavoro più flessibili, il 24% ha creato un asilo aziendale o eroga sussidi per gli asili privati). Ma pesano ancora resistenze culturali, se è vero che una percentuale più bassa di donne si definisce ambiziosa (38%) contro il 51% degli uomini. Inoltre, le donne si candidano a nuove posizioni solo se ritengono di avere il 100% delle caratteristiche richieste (gli uomini se pensano di averne il 60%). Secondo Guido Cutillo, Partner People Advisory Services di EY e presidente Aicas, a pesare sono i «freni di natura sociale, culturale e psicologica che ostacolano l’ascesa delle donne. Il superamento di questa barriera passa anche dalla necessità di aiutare le donne a rafforzare alcune competenze che oggi sono frutto di modelli di leadership delle aziende ritagliati su caratteristiche maschili».

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