Il 30% degli italiani ha dichiarato di essersi sentito discriminato almeno una volta sul luogo di lavoro, la prima causa è l’età. Questo è il quadro che emerge dalla survey di ADP Workforce View in Europe 2019 ha preso in considerazione oltre 10.000 dipendenti in Francia, Germania, Italia (1400), Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito, approfondendo come i lavoratori affrontano le problematiche attuali del lavoro e delle prospettive future.
La disparità salariale è il tema principale che ha portato alcuni Paesi (Francia e Regno Unito al momento) a introdurre la segnalazione del divario di retribuzione tra uomini e donne per legge, nel tentativo di colmare questo gap nelle retribuzioni. Per esempio, la legislazione francese introdotta nel 2010 richiede alle aziende con più di 50 dipendenti di effettuare un’analisi dei divari di retribuzione tra uomini e donne, mentre il Regno Unito ha recentemente seguito l’esempio introducendo obblighi di segnalazione per i datori di lavoro con più di 250 dipendenti.
E in Italia?
Secondo una ricerca ADP, i lavoratori italiani hanno dichiarato che sarebbero propensi a cercare un altro lavoro se venissero a conoscenza di un divario salariale ingiusto nella propria azienda (73%), la percentuale sale all’85% tra le donne. Solo il 30% degli italiani ha però dichiarato che vorrebbe anche nel nostro Paese una norma precisa come quella già presente in Francia e UK. E solamente 1 donna su 3 (33%) dichiara di volere una legge che consenta all’interno della propria azienda la denuncia di disparità salariale, il 48% non sa prendere posizione, un numero che fa riflettere.
Delle quattro generazioni che lavorano, i risultati mostrano che i Millennials si oppongono maggiormente al divario retributivo di genere: poco meno della metà (40%) dei lavoratori tra i 16 e i 34 anni ritiene che la segnalazione del divario retributivo di genere sia necessaria nella propria organizzazione, contro il 24% degli over 55. Secondo Virginia Magliulo, General Manager di ADP Italia, “nonostante le diffuse richieste di cambiamento, il divario retributivo di genere appare profondamente radicato. Una nuova regolamentazione potrebbe essere l’unico modo per cambiare gli equilibri”.
Le maggiori discriminazioni
Rimane l’età il primo motivo di discriminazione in Italia, lo pensa l’8% del campione intervistato (donne 8,4%, uomini 7,6%). Lo dichiara il 13% dei lavoratori giovanissimi (16-24) ma anche il 10,7% nella fascia 25-34. L’età migliore sembra essere 35-44 dove solo il 6% si sente discriminato. “O perché si è troppo giovani, e quindi senza esperienza, o perché si è troppo vecchi e quindi poco performanti: l’età continua a essere il maggior motivo di discriminazione in Italia”, afferma Magliulo. “Spesso il problema età è più sentito nel mondo femminile, in quanto le donne tra i 30 e i 40 anni .
Il 7% delle donne che si sentono discriminate attribuiscono il motivo a un aspetto fisico giudicato “non abbastanza”, un problema che colpisce solo il 4% degli uomini. Si sente discriminato per il proprio orientamento sessuale solo il 4,6% degli intervistati, anche in questo caso sono più le donne (6%), degli uomini (3%). Rassicuranti le percentuali che riguardano religione e nazionalità: si tratta infatti di numeri molto bassi rispettivamente dell’1,4% e del 3%.