È possibile dare una definizione di disabilità?

Dare una definizione di disabilità è complesso: spesso, infatti, questo termine viene interpretato in modi diversi a seconda del contesto culturale, sociale e personale. Nonostante le numerose definizioni esistenti, la comprensione della disabilità continua a evolversi, riflettendo i cambiamenti nella percezione sociale e nell’approccio politico e medico.

Attraverso questo articolo, Valore D vuole mostrare come la definizione di disabilità non sia solo una questione soggettiva, ma anche collettiva, e come essa cambi in base al contesto in cui viene applicata.

Andare oltre le tipologie di disabilità

Spesso si parla di tipologie di disabilità, intendendo sotto questo termine quelle che vengono identificate come disabilità di tipo intellettivo, motorio e sensoriale. Tuttavia, ciò su cui è importante focalizzare l’attenzione è il modo in cui la disabilità viene influenzata e dettata dal contesto. Aprirsi alla disabilità significa, infatti, considerare il tema da una pluralità di prospettive e riconoscere i fattori che fungono da barriera per garantire una reale inclusione.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la disabilità è un termine ombrello che descrive l’interazione tra le persone e il contesto sociale circostante. Dunque, questa definizione può cambiare significativamente a seconda del contesto culturale e delle politiche sociali del paese in cui ci si trova. Ciò dimostra come la definizione di disabilità sia fortemente influenzata dalle norme e dai valori collettivi. Ad esempio, in occidente viene considerato normale essere destri, non mancini, e la maggior parte delle penne non sono studiate per la scrittura mancina (ci si sporca la mano strisciando l’inchiostro). Questo però non accade nei paesi arabi dove la scrittura va da sinistra a destra e in cui sarebbero dunque le persone destre ad essere “svantaggiate” in assenza di penne o matite inclusive e accessibili.

Guardando all’Italia, la legge n. 104 del 1992, riformata il 30 giugno 2024, sottolinea l’importanza dell’integrazione e del supporto per le persone con disabilità. La riforma ha aggiornato la definizione di disabilità, enfatizzando la necessità di garantire pari opportunità attraverso misure specifiche, che riguardano anche il linguaggio, spesso contaminato da stereotipi e pregiudizi. Questa recente riforma si allinea con l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) dell’OMS che propone una visione multidimensionale, ovvero una visione che va a considerare tutti i fattori ambientali e sociali che influenzano la vita delle persone con disabilità per ideare soluzioni inclusive.

L’evoluzione del concetto di disabilità

Storicamente, la disabilità è stata vista principalmente attraverso una lente medica che la interpretava concentrandosi sulle caratteristiche fisiche e mentali delle persone. Questo approccio ha spesso portato a stigmatizzare le persone con disabilità, trattandole come individui che necessitano di cure o correzioni, persone “speciali”, la cui integrazione difficilmente poteva essere totale.

Negli ultimi decenni, però, c’è stata una significativa evoluzione nel modo in cui la disabilità viene compresa e definita, soprattutto grazie alla maggior attenzione verso tematiche che promuovono la diversità e l’inclusione nei diversi ambiti della sfera sociale, culturale e lavorativa.

Il modello sociale della disabilità ha guadagnato terreno, spostando l’attenzione dalle caratteristiche individuali ai fattori ambientali e sociali che creano barriere e limiti per le persone con disabilità. Questo “nuovo” modello suggerisce che la disabilità non dipende dalle condizioni di una persona, ma piuttosto dalle barriere fisiche, attitudinali e sistemiche presenti nella società.

Questo cambio di prospettiva ha portato a una maggiore attenzione sulla necessità di adattare l’ambiente e le politiche per favorire l’inclusione e l’uguaglianza. È anche attraverso questa nuova considerazione che realtà come quella di Valore D si impegnano per creare e promuovere contesti aziendali aperti e senza barriere.

Partire dalla società per una definizione di disabilità più inclusiva

Il concetto di disabilità come fenomeno collettivo implica che la società nel suo complesso ha un ruolo cruciale nel determinare come le persone con disabilità sono percepite e trattate: l’inclusione richiede, infatti, una partecipazione collaborativa. Al tempo stesso, però, per costruire una società più inclusiva è necessario passare il microfono alle persone con disabilità e amplificare la loro rappresentazione.

È sempre più importante promuovere una cultura del rispetto e serve dunque che le politiche di inclusione vadano oltre l’accessibilità fisica e considerino anche l’accesso all’istruzione, all’occupazione e ai servizi sociali. In questo, le campagne di sensibilizzazione possono giocare un ruolo chiave nel cambiare le percezioni negative e gli stereotipi associati alla disabilità, lavorando per migliorare la vita delle persone attraverso programmi di formazione e supporto.

Quando l’inclusione richiede partecipazione

L’inclusione sociale delle persone con disabilità richiede anche un impegno da parte del settore privato. Le aziende possono svolgere un ruolo fondamentale nel creare ambienti accessibili e inclusivi adottando, per esempio, politiche di assunzione inclusive e programmi di formazione per sensibilizzare i dipendenti.

L’istruzione è un altro ambito cruciale per l’inclusione delle persone con disabilità. Garantire l’accesso all’istruzione a chiunque è fondamentale per promuovere l’uguaglianza e l’integrazione. Le scuole e le università devono adottare politiche inclusive e fornire supporti adeguati alle persone con disabilità impegnate in un percorso di studio, promuovendo l’accessibilità fisica degli edifici, l’uso di tecnologie assistive e la formazione del personale educativo.

La concezione della disabilità è in continua evoluzione e rispecchia le percezioni e le normative di una società. All’approccio strettamente medico tipico del passato è importante oggi sostituire una visione che includa l’influenza dei fattori sociali e ambientali. Per creare ambienti equi ed inclusivi serve prendere consapevolezza del tema, estirpare gli stereotipi consolidati e uscire dalle categorie mentali che contrappongono disabilità e normalità, concetto in sé sfuggente e limitato.

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