Cronache di ordinaria disparità anche tra le specialiste STEM

Crescono le ingegnere, ma la maggiore occupabilità di queste laureate non le esime dal dover superare difficoltà crescenti che caratterizzano la loro vita professionale: prima il divario salariale, poi la maternità e infine la cura di genitori anziani. Gli anglosassoni parlano di “situazione sandwich”: schiacciate dal doppio lavoro di cura, perdono terreno rispetto ai colleghi uomini. Approfondiamo il tema con i dati di un’interessante inchiesta sul Corriere della Sera, firmata da Diana Cavalcoli e Dario Di Vico.

 

Largo alle ingegnere

Cresce il numero delle laureate nelle facoltà scientifiche. Grazie all’influenza positiva di figure femminili iconiche e alla volontà di avere maggiori chance occupazionali. Quella che era la facoltà maschile per antonomasia, ingegneria, di anno in anno produce un numero crescente di laureate donne. La femminilizzazione della professione è solo un effetto della maggiore presenza delle ragazze nelle facoltà STEM (acronimo che indica scienze, tecnologia, engineering e matematica). Complessivamente in questi corsi di studio si sono immatricolate nel 2018-19 circa 41 mila donne secondo i dati Miur, in 10 anni l’aumento è stato costante, attorno all’11%.

«Se dovessi sintetizzare le motivazioni», dice Amelia Lentini, ingegnere chimico nel gruppo Eni e presidente milanese di Aida, l’associazione delle ingegnere e architette, «un’influenza positiva l’hanno avuto figure iconiche come Samantha Cristoforetti, la direttrice generale del Cern Fabiola Gianotti e Amalia Ercoli-Finzi, consulente scientifico della Nasa. Ma le ragazze scelgono soprattutto in base a una considerazione pragmatica, il titolo di ingegnere offre maggiori possibilità di occupazione».

 

Samantha Cristoforetti,
Samantha Cristoforetti, astronauta e ingegnera

 

Maternity Penalty e generazione sandwich

Se si è aperta la via che avvicina le ragazze allo studio delle materie scientifiche, ora il vero muro da abbattere per la rivoluzione delle ingegnere è rappresentato dalla differenza di retribuzione, il gender pay gap, che viene di fatto giustificato con quello che in sociologia si chiama maternity penalty, la penalizzazione di poter diventar madre. Documenta l’osservatorio Almalaurea: lo scarto di retribuzione tra un ragazzo e una ragazza che conquistano il primo contratto da ingegnere è del 7% e non si chiude più. A 5 anni dalla laurea una donna ha una retribuzione mensile netta di 1.654 euro e un uomo di 1.808. Questa differenza la si ritrova anche nella lauree STEM pressoché con lo stesso divario.

E anche la tipologia del contratto offerto favorisce gli uomini: i datori di lavoro concedono a loro più facilmente il tempo indeterminato (capita il 77% delle volta a un maschio contro il 70% delle femmine). Inoltre i periodi di maternità fuori dal lavoro non accumulano anzianità di welfare e ci sono meno probabilità di essere promosse. Spiega Monica Magri, Hr & organization director in Adecco: «Le donne si trovano a dover affrontare difficoltà crescenti nel corso della carriera. Prima la maternità e poi subentra la cura dei genitori anziani. Gli anglosassoni parlano infatti di situazione sandwich. Schiacciate dal lavoro di cura, le donne perdono terreno rispetto ai colleghi uomini, e spesso non ci sono le condizioni affinché possano recuperarlo nel corso della carriera, cristallizzando il gap».

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