Cresce il reddito medio delle famiglie ma non calano le disuguaglianze

Nel 2017 il reddito netto medio delle famiglie (31.393 euro annui) cresce ancora sia in termini nominali (+2,6%) sia come potere d’acquisto (+1,2%). Ma la disuguaglianza non si riduce: il reddito totale delle famiglie più abbienti continua a essere più di sei volte quello delle famiglie più povere.

Lo rileva l’Istat nel report sulle Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie. “Pur restando molto elevata, nel 2018 la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale si riduce rispetto al 2017 (a 28,9% da 27,3%) per una minore incidenza di situazioni di grave deprivazione materiale. La quota di individui a rischio povertà resta ferma al 20,3%” si legge nel report. Dalla rilevazione emerge che “nonostante la crescita registrata nel 2017, la contrazione complessiva dei redditi rispetto al 2007, anno precedente la crisi economica, resta ancora notevole, con una perdita in termini reali pari in media all’8,8% per il reddito familiare”.

 

Nelle famiglie numerose ancora alto il rischio di povertà o esclusione sociale

Anche nel 2018, l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale è più elevata nelle famiglie di coppie con tre o più figli (36,0%), nonostante un sensibile miglioramento rispetto allo scorso anno (41,1%) e in quelle monogenitore (35,4%; 38,8% nel 2017). Rispetto all’anno precedente si registra un’attenuazione del rischio di povertà o esclusione sociale di tutte le tipologie familiari tranne che per le coppie con due figli per le quali aumenta passando da 26,5% nel 2017 a 28,3% nel 2018.

Anche nel lavoro autonomo le differenze di genere risultano piuttosto rilevanti. I redditi lordi delle lavoratrici sono pari in media a 20.016 euro, rispetto ai 27.531 euro dei percettori maschi. Le lavoratrici, pur rappresentando oltre un terzo dei lavoratori autonomi (35,8%), producono complessivamente un reddito che ammonta a poco più di un quarto del totale (28,9%).

 

Fonte: Istat

 

La maggiore presenza di donne nelle aziende ha significato anche un cambiamento a livello familiare

Sono sempre meno le coppie in cui è solo lui a portare la pagnotta a casa, come accadeva un tempo. Queste sono infatti diminuite del 13,1% in 15 anni, mentre sono cresciute molto, del 28,1% quelle in cui è solo la donna a lavorare. Si tratta numericamente di molti meno nuclei ovviamente, anche per questo l’incremento è importante. Ma soprattutto c’è una crescita del 5% di quelle in cui a lavorare sono entrambi.
Come riporta Linkiesta, sembrano beneficiarne di meno le più giovani. Tra i 25 e i 34 anni, infatti, in 15 anni sono cresciute soltanto le coppie in cui lavora solo la donna o, ancora di più, in cui non lavora nessuno. È tra i 35 e i 44 anni che vi è il maggior calo della proporzione di famiglie con l’uomo come unico percettore di reddito e in cui è maggiore, è del 55,3%, la percentuale di coppie con entrambi al lavoro.

 

Fonte: Istat

 

La questione giovanile è anche una questione di genere

Questo trend verso l’uguaglianza è troppo ritardata da un punto di vista demografico e questo è tra le ragioni del continuo calo delle nascite e della fertilità. Infatti è solo tra chi ha due o più figli e solamente dopo i 35 anni che in 15 anni sono aumentate le coppie con due stipendi. Non accade prima di quest’età, anzi tra i 25 e i 34 anni sono le famiglie più numerose a soffrire di più una crescita della proporzione di nuclei senza lavoratori. Che arrivano a essere ben il 15,3% tra quelle con 3 o più figli. Al contrario la maggiore occupazione per entrambi vi è in quelle famiglie in cui non vi sono figli.

Insomma, quello che accade è che cresce l’occupazione femminile, cresce più di quella maschile, si restringe il gap tra uomini e donne nel mondo del lavoro, ma sono passi in avanti che si stanno verificando troppo in là per l’età, per questo non coincide con una ripresa delle nascite.

 

Per leggere il report Istat completo 

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