Come se la passano le mamme single in Italia? Male.

Le mamme single corrono un rischio di povertà doppio rispetto a chi ha un partner. Non ci sorprende, in effetti, se pensiamo che, a parità di mansione, le donne dovrebbero lavorare 2 mesi in più per arrivare allo stesso stipendio degli uomini e che per ogni euro guadagnato da un uomo, la donna guadagna solo 84 centesimi – ce lo comunicava Oxfam la scorsa settimana in questo articolo.

Proprio il 12% delle lavoratrici del nostro Paese, secondo Oxfam e secondo tanti altri studi sul tema, è a rischio povertà: in inglese le chiamerebbero low-paid workers, ma noi, che parliamo come mangiamo, le definiamo semplicemente sottopagate, poiché guadagnano in media solo 8,3 euro l’ora. In Francia 10 euro, in Spagno 6,6 euro e in Gran Bretagna 9,9.

Non solo l’Italia è la quarta nazione in Europa dove questo rischio è più alto. La povertà, in realtà, si fa doppiamente vicina se queste lavoratrici sono single e hanno figli: 2 su 10 contro 1 su 10 fra quelle in cui sono presenti due adulti. Come scrive il Sole 24 Ore, una madre sola su due ha problemi a sostenere una spesa imprevista di 800 euro e quasi una su 5 è in ritardo nel pagamento delle bollette, affitto e mutuo, mentre altrettante non possono riscaldare adeguatamente l’abitazione. Nel 2016 (dati Istat) lavorava il 63,8% delle madri sole (era il 71% nel 2006), il 24,4% era inattiva, l’11,8% era disoccupata. E poi ci sono le casalinghe, oltre 7 milioni, il 60% delle quali con meno di 65 anni, l’8,6% con meno di 35 anni. Il 40% delle casalinghe nel 2016 risiedeva nel nord Italia e 12 donne su 100 fra i 35 e i 44 anni erano casalinghe, come il 18% delle 45-54 enni e il 20% delle 55-64enni.

In un momento come questo, con le riforme proposte dal Ministro Pillon, questi numeri non possono non essere presi in considerazione. Secondo Oxfam, oltre a rivedere il sistema fiscale e scoraggiare il ricorso al part-time per molte lavoratrici, le aziende private dovrebbero poter usufruire di sgravi fiscali per l’introduzione di misure di conciliazione vita-lavoro. Solo così sarà possibile portare avanti l’esercizio di gender budgeting introdotto dalla legge di bilancio 2017. Solo così sarà possibile rendere l’Italia un paese più a prova di donna.

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