Come i pregiudizi di genere ostacolano i finanziamenti alle imprese femminili

Anche nel settore più innovativo dell’imprenditoria le donne continuano a subire episodi discriminatori. Ottenere finanziamenti è più difficile per una donna startupper e se ci riesce i fondi ottenuti sono inferiori del 5% rispetto a quelli erogati agli uomini, riporta un recente articolo di StartupItalia. 

Tuttavia, il numero di imprese al femminile è aumentato e il numero di donne che vogliono fare le imprenditrici a livello globale è aumentato ancora di più. Una pubblicazione sull’Harvard Business Review, realizzata da due donne venture capitalist e una professoressa e ricercatrice universitaria, mostra che già la fase iniziale di presentazione dell’idea, il pitch, comprometterebbe le possibilità ad una donna startupper di ottenere finanziamenti, a vantaggio dei colleghi uomini. La causa? Un pregiudizio di genere.

 

La fase più critica: il panel di investitori preferisce le presentazioni di imprenditori maschi

I dati della pubblicazione ci raccontano che, il 35% delle donne imprenditrici subisce pregiudizi di genere specialmente nella fase di ricerca di investimenti per le proprie attività. In particolare nella fase di raccolta di capitale meno legata ai numeri e ad aspetti tecnici, e più influenzata da empatia, e quindi più suscettibile all’attivazione di pregiudizio, che è il pitch. Tra l’altro, non a caso, circa il 61% di donne imprenditici dichiara di aver dovuto affrontare panel di valutazione con una netta predominanza di investitori uomini, ostacolando una più equa  assegnazione di fondi alle migliori opportunità di investimento.

Perché? Come spiega l’articolo della Harvard Business Review: “Gli investitori preferiscono le presentazioni di imprenditori maschi rispetto alle presentazioni realizzate da donne imprenditrici, anche quando il contenuto è lo stesso”. Inoltre la differenza di genere nella fase di pitch si evidenzia anche dal modo in cui vengono poste le domande: gli uomini sono messi nelle condizioni di rispondere sottolineando punti di forza e potenzialità del proprio progetto, mentre alle donne si chiede di focalizzarsi di più sui potenziali rischi.

 

Con un approccio più focalizzato su dati e redditività gli investitori sceglierebbero più start-up guidate da donne. 
Con un approccio più focalizzato su dati e redditività gli investitori sceglierebbero più start-up guidate da donne. 

 

In sintesi, sappiamo che c’è un pregiudizio di genere nel modo in cui gli investitori – sia uomini che donne – valutano i pitch. Ciò significa che non si investe nelle aziende con i migliori rendimenti finanziari. Infatti, l’articolo rivela, i fondi che non considerano un pitch investono in un numero di donne da otto a dodici volte superiore alla media, considerando la pura performance finanziaria. ED eliminare il pitch dal processo di venture capital, basando la selezione sui dati e la performance? Secondo l’Harvard Business Review, per valutare il potenziale di una startup, se si adottasse un approccio più focalizzato su dati e redditività gli investitori sceglierebbero più start-up guidate da donne. Il suggerimento è di strutturare un percorso meno focalizzato sul pitch e più incentrato sui numeri, sui dati.

 

Se il divario di genere è un divario di fiducia

Un altro motivo per cui il pitch penalizzerebbe le donne imprenditrici ha a che fare con il divario di genere in termini di fiducia, in cui le donne tendono a sottovalutare se stesse rispetto agli uomini in situazioni competitive e, di conseguenza, arrivano ai potenziali investitori come “meno sicure di se stesse”.

E così i venture capitalist che sono alla ricerca di performer estremi, tendono a scegliere gli uomini in quanto – si dichiarano – non entusiasti dello stile di lancio di scarsa competitività e di eccessiva rigidità delle donne.

 

 

Per leggere l’articolo dell’Harvard Business Review 

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