Abilismo: cos’è, esempi, come riconoscerlo e contrastarlo 

Il termine abilismo, in inglese “ableism”, venne usato per la prima volta negli anni Ottanta in territori angloamericani, in occasione degli studi sulla disabilità. Iniziò così un approccio diverso alla disabilità, non solo come fenomeno medico, bensì come prospettiva multidisciplinare. Ad oggi questa parola contempla azioni e comportamenti di vario tipo: scopriamo di preciso cos’è, come riconoscerlo e contrastarlo.  

Che cos’è l’abilismo e come riconoscerlo per contrastarlo 

La parola abilismo è utilizzata per definire la forma di discriminazione sistemica (volontaria oppure involontaria) verso le persone con disabilità.

Grazie a una crescente consapevolezza all’interno della comunità disabile, in Italia vi è stato un aumento d’interesse legislativo verso questo termine dal 2006 con l’approvazione del Disegno di legge Zan, riguardo le misure di prevenzione e contrasto alla discriminazione e alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Sebbene negli ultimi anni il tema abbia guadagnato maggiore attenzione nel dibattito pubblico, è ancora fondamentale sensibilizzare ed educare le persone, poiché persistono episodi, narrazioni e comportamenti discriminatori verso le persone con disabilità.

Alla base dell’approccio abilista c’è il modo in cui viene raccontata e narrata la disabilità, una componente importante che influenza inevitabilmente le persone e i loro comportamenti, rendendoli discriminatori – seppur spesso non intenzionalmente. Da un lato il pietismo e gli atteggiamenti paternalistici, che vedono la persona con disabilità come sfortunata e bisognosa di compassione; dall’altro, una celebrazione esasperata dell’eroismo, dove ogni risultato raggiunto da una persona con disabilità diventa un simbolo straordinario. Entrambe queste prospettive, seppur apparentemente opposte, rafforzano stereotipi dannosi, riducendo la persona alla sua disabilità, ignorando la complessità e sottolineando che la disabilità è qualcosa di inevitabilmente negativo e soprattutto insito nella persona, non nel contesto che la circonda che limita la sua interazione, come invece ci insegna l’OMS.

Per contrastare l’abilismo, è fondamentale che l’intera società superi gli stereotipi e si avvicini al tema con interesse e consapevolezza. L’idea che la disabilità renda una persona migliore o peggiore è completamente errata e rappresenta un ostacolo al riconoscimento dell’uguaglianza. Decostruire questa discriminazione strutturale significa rivoluzionare l’immagine della persona con disabilità, che per troppo tempo è stata plasmata da pregiudizi.

Il linguaggio gioca un ruolo cruciale in questo processo. Molti termini ed espressioni abiliste permeano il lessico quotidiano, associando la disabilità a una connotazione negativa o limitante. In alcuni casi, queste espressioni risultano apertamente offensive, in altri riflettono una mancanza di consapevolezza sulla realtà vissuta dalle persone con disabilità. È necessario un cambiamento culturale profondo, che parta dal linguaggio per arrivare alla comprensione e al rispetto autentico, promuovendo una società realmente inclusiva.

La piramide dell’abilismo 

I comportamenti abilisti possono essere rappresentati come una piramide suddivisa in più livelli. Al vertice della piramide si collocano gli atti di violenza e odio espliciti, la forma più estrema e distruttiva di abilismo. Scendendo verso i livelli intermedi, si incontrano le manifestazioni di esclusione che si concretizzano nella creazione di barriere architettoniche e sensoriali, ostacoli che limitano l’accessibilità e l’autonomia delle persone con disabilità. Un gradino più in basso troviamo le forme di comunicazione intrise di pregiudizi, battute abiliste e atteggiamenti apparentemente compassionevoli, che tuttavia dipingono la disabilità come una condizione “anormale” rispetto agli standard. Infine, alla base della piramide, si collocano gli atteggiamenti di indifferenza verso le oppressioni subite dalle persone con disabilità, una forma sottile ma diffusa di mancato riconoscimento dei loro diritti. Questa struttura evidenzia come l’abilismo si sviluppi attraverso una scala di comportamenti, dai più sottili ai più evidenti, richiedendo un impegno e una consapevolezza collettiva per sradicarne ogni livello. 

Degli esempi di abilismo 

Come abbiamo visto l’abilismo è una piramide in cui ci sono comportamenti evidenti ed altri più invisibili. L’uso della terminologia corretta (person first, identity first) è sicuramente un primo passo per essere persone più inclusive. Questo però non basta, è importante riflettere anche sui nostri comportamenti, che devono evitare approcci pietistici ed eroici. Ecco alcuni esempi concreti di abilismo nel linguaggio: 

  • “Poverino/a, chissà come fa con tutte quelle difficoltà.” 
  • “È davvero un esempio per tutti noi, con la sua forza d’animo! 
  • “Nonostante la sua disabilità, è riuscito a laurearsi.” 

Oltre a questi esempi, anche termini come “diversamente abile” o “persona affetta da disabilità” rientrano nella categoria dei linguaggi denigratori e offensivi, in quanto veicolano un messaggio che prevede uno “standard normale” da cui le persone con disabilità sono escluse. A tal proposito, il 30 giugno 2024 è avvenuto un importante cambiamento nelle normative italiane, che ha bandito ufficialmente questi termini, promuovendo un linguaggio più rispettoso e inclusivo nei confronti delle persone con disabilità.

In aggiunta al linguaggio, vi sono altri comportamenti che creano barriere invisibili e rappresentano casi di abilismo. Per esempio, in ambito lavorativo, un’azienda che affida a un/a dipendente con disabilità solo compiti minimi, come fare le fotocopie, sta attuando una discriminazione poiché non da opportunità alla persona di svolgere il proprio ruolo e dimostrare il proprio valore. Anche non coinvolgere una persona con disabilità in una riunione, in un evento o in una trasferta perché non si è sicuri della sua accessibilità è un comportamento abilista, perché dà per scontata la situazione senza approfondirla con la persona diretta interessata.

La disabilità è una caratteristica non totalizzante, ma spesso molte persone tendono a relazionarsi focalizzandosi esclusivamente su questo aspetto, senza considerarle nella loro interezza, con interessi, passioni e talenti. Allo stesso modo, trattare gli individui con disabilità come se fossero bambini, limitando la loro indipendenza e autonomia, rappresenta un atteggiamento riduttivo e limitante che ne nega la piena espressione e autoaffermazione.

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