Le parole e le promesse non bastano per superare il gender gap. Bisogna “misurare” le carenze, darsi degli obiettivi, controllare i progressi e premiare i risultati. Con sgravi fiscali o investimenti in formazione, per esempio. «Solo così si può passare dalle intenzioni ai fatti», dice Paola Mascaro, presidente di Valore D, l’associazione che raggruppa 216 grandi-medie imprese impegnate nella parità di genere. Come si fa a tradurre in numeri la disparità aziendale fra uomini e donne? «Adottando la stessa procedura che si applica quando si tratta di preparare un piano finanziario o un progetto di sviluppo. È così che si procede quando l’obiettivo è ritenuto fondamentale, altrimenti vuol dire che non si fa sul serio.
Noi, assieme al Politecnico di Milano abbiamo formulato un indice e il nostro Index è aperto anche alle aziende non associate».
Su cosa è basato? «Misuriamo le imprese su quattro parametri. La governance, ovvero la presenza di donne ai vertici.
L’attrattività, vista come capacità di richiamare giovani talenti. Lo sviluppo, misurato tenendo conto delle assunzioni femminili, ma anche del processo di crescita individuato per i dipendenti. E infine la capacità di trattenere le donne in azienda una volta assunte e formate, cercando anche di evitare che siano costrette a lasciare il lavoro con la maternità» Finora cosa ne è emerso? «Monitoriamo i dati da tre anni e abbiamo visto un miglioramento nella governance, anche se non nel ruolo di ad. C’è un problema nella fascia intermedia: la percentuale di impiegati promossa a quadro fra gli uomini è del 63,6% contro il 36,4% delle donne. Ma siamo drammaticamente indietro soprattutto sui congedi parentali.
Nel complesso i parametri sono migliorati dell’8%, ma la tendenza è lenta». Il vostro è un osservatorio privilegiato su grandi aziende sensibili al tema. Uno strumento del genere come può tradursi per tutti, anche per le piccole imprese, in azioni di sostegno alla parità di genere? Dove avviene il salto? «Va costruito un patto con le istituzioni. Noi aziende dobbiamo fare la nostra parte, la politica deve venirci incontro costruendo le infrastrutture necessarie alla inclusione e potenziando il sistema di welfare. Ma servono anche incentivi e defiscalizzazioni che premino le imprese virtuose».
Di gender gap oggi si parla molto.
«Ed è importante perché serve anche un cambio di mentalità.
Questo non è un problema delle donne, è il problema del Paese».
C’è il rischio che ci si fermi alle chiacchiere? «Purtroppo sì, anche se l’attenzione posta a questo tema e a quello dell’utilizzo del Recovery Fund per superare il gender gap mi fanno ben sperare. Fondamentali sono state le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando ha detto che il nostro livello di occupazione femminile è impresentabile».