L’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro ha pubblicato un report con dati relativi al lavoro dipendente.
Il documento ci dice qualcosa non solo sulle dimensioni lavorative legate al tasso di occupazione in generale, ma anche sulla presenza di donne all’interno del mercato del lavoro nelle varie regioni e città italiane. Sì, perché il ritardo economico del nostro paese rispetto ad altre realtà europee sembra essere dovuto anche, e soprattutto, alla quota scarsa di donne in azienda. Il tasso d’occupazione nazionale, insomma, mette bene in luce uno svantaggio nei confronti delle donne, che si ripercuote poi su tutta l’economia.
Lo squilibrio di genere, inoltre, riflette il divario territoriale fra Nord, Centro e Sud, e infatti, fra le regioni in cui il gender gap è più alto compare la Sicilia. A Siracusa, Ragusa e Trapani il gender pay gap si aggira attorno al 30%. Quando va bene, se un uomo guadagna 1162 euro netti al mese, la donna può aspirare eventualmente a uno stipendio da 950 – 20 punti percentuali ovvero 200 euro in meno. Le cose vanno leggermente meglio, ma comunque male, a Palermo, dove il divario salariale sfiora il 18%. La disoccupazione femminile dell’Isola è pari al 28%, ma sale al 67% quando si parla di ragazze tra i 15 e i 24 anni.
Come mai succede questo? Nessuna sopresa. La situazione dipende – dice l’Osservatorio – dalla mancanza di servizi di welfare e da una cultura che consegna quasi sempre alle donne la delega delle cure familiari. Per questo il gap si manifesta: perché, per poter occuparsi di casa e figli, le donne sono costrette a lavorare part-time, e così il salario si abbassa di conseguenza.
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