Obiettivi sostenibili 2030: monitoriamo l’uguaglianza di genere in Italia

Il 25 settembre 2015, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ed economico: il documento che espone le linee guida da seguire per porre fine alla povertà e proteggere il pianeta. Le direttive si suddividono in 17 obiettivi di sostenibilità (i Sustainable Development Goals, SDGs) che hanno carattere universale – si rivolgono cioè a tutti i paesi, senza distinzione – e sono fondati sull’integrazione tra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economica) per sradicare la povertà in tutte le sue forme.

L’Istat sta monitorando il cammino verso il raggiungimento degli obiettivi e ha recentemente diffuso il ‘Rapporto SDGs 2018 (Sustainable Development Goals) – Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia – Prime analisi’.

Dal 2015 sono passati solo 3 anni, e la strada fino al 2030 è ancora lunga, ma l’Istat ha fornito, obiettivo per obiettivo, la descrizione dello stato di avanzamento del nostro Paese. Tra i 17 goals, il numero 5 è l’uguaglianza di genere.

Da dove è partita l’Italia e su cosa deve concentrarsi per raggiungere le richieste dell’Onu entro il 2030? Vediamolo insieme.

Per quanto riguarda i dati sulla violenza, dal 2015 sono diminuiti gli episodi di violenza fisica e sessuale sulle donne da parte di partner o ex partner, mentre è aumentato il livello di gravità delle singole violenze, che diventano più estreme (fino a trasformarsi in stupri, tentati stupri, minaccia con coltelli e armi).

In secondo luogo, diminuisce la quota di tempo giornaliero che le donne dedicano al lavoro domestico e di cura non retribuito: oggi è pari a 2,6 volte rispetto a quello degli uomini, ma era più del triplo nel biennio 2002-2003. Nonostante questo miglioramento, nel 2013-2014 l’Italia presentava il divario di genere più elevato fra tutti i paesi europei. Ne abbiamo parlato qui.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, nel 2017 il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e il tasso di quelle senza figli continua ad essere basso, benché sia migliorato negli anni.

La presenza di donne nei luoghi decisionali, economici e politici continua a rimanere bassa: un terzo nel Parlamento nazionale e nelle società quotate in borsa, un quinto nei consigli regionali e meno di un quinto negli organi decisionali (Autorità della privacy, Agcom, Autorità della concorrenza e del mercato, Corte Costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura, Ambasciatori, Consob).

Il tasso di ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza è invece in continua diminuzione nel tempo. Dall’inizio degli anni Ottanta fino alla metà degli anni Novanta il calo è stato rilevante e regolare raggiungendo il valore del 9 per mille, valore attorno al quale il fenomeno si è assestato fino al 2005.

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