Il body shaming è una forma di discriminazione che colpisce persone di tutte le età e identità di genere, insinuandosi nei dialoghi, sui social media e persino nelle relazioni più intime. Spesso critiche e commenti inopportuni sull’aspetto fisico possono influenzare negativamente la vita di un individuo in maniera importante. Scopriamo, dunque, cos’è il bodyshaming e quali sono le conseguenze di questo fenomeno.
Che cos’è il body shaming?
La società odierna è caratterizzata dalla promozione di standard di bellezza rigidi e poco realistici che spesso portano a gravi forme di discriminazione basate sull’aspetto fisico.
Il significato letterale della parola inglese “body shaming” è “far vergognare del proprio corpo”: in concreto, è la pratica del giudicare, criticare e/o ridicolizzare una persona per il suo aspetto fisico. Si tratta di una forma di violenza, il più delle volte verbale, che può avere un impatto significativo su chi la subisce in termini relazionali e di salute mentale.
Il fenomeno del body shaming tra gli adolescenti
Il body shaming è un fenomeno che può colpire persone di ogni età, a partire da quelle più giovani, maggiormente vulnerabili al giudizio altrui. La ricerca “Domande Scomode @School”, realizzata da Skuola.net in collaborazione con Lines e Tampax, rivela un dato significativo: almeno 9 persone su 10 hanno ricevuto offese legate al proprio aspetto fisico.
Il sondaggio, condotto su oltre 6.000 ragazzi e ragazze tra i 10 e i 17 anni, evidenzia che commenti offensivi e giudizi negativi provengono spesso da persone coetanee, ma non mancano episodi in cui le critiche arrivano anche da adulti. Le offese si concentrano principalmente sul peso (55%), seguite da osservazioni sull’aspetto di braccia, gambe, fianchi e viso. Le reazioni emotive sono diverse: c’è chi prova insicurezza (44%), chi imbarazzo (34%) e chi disagio (33%).
Questo fenomeno sottolinea l’urgenza di sensibilizzare sull’importanza di promuovere rispetto e accettazione reciproca a tutte le età e in ogni contesto sociale.
Alcuni esempi di body shaming
Spesso, i commenti sul fisico, anche quando in buona fede, riflettono giudizi basati su standard di bellezza irrealistici ereditati da trend che mutano nel tempo come, ad esempio, l’ideale estetico dominante negli anni ’90, in cui la magrezza era sinonimo di bellezza, idea ancora oggi molto presente. Questo tipo di mentalità ha contribuito ad alimentare un fenomeno noto come grassofobia: una forma di body shaming che si manifesta attraverso commenti offensivi e stereotipati rivolti alle persone percepite come grasse.
La derisione di una persona per il suo peso è una pratica diffusa, tanto che nel 2023 il termine “fat shaming” è stato riconosciuto come neologismo dalla Zanichelli. Un esempio di questo fenomeno è rappresentato dalla testimonianza di Lara Lago, giornalista e produttrice di Sky, nonché attivista per la body positivity e autrice di “Il peso in avanti” nel podcast Scelte di Valore D. All’inizio della sua carriera, Lago ha affrontato un ambiente lavorativo in cui la magrezza era considerata uno standard. Nel tentativo di adeguarsi, si è sottoposta a una dieta drastica, che ha avuto forti ripercussioni sulla sua salute mentale.
Esperienze come queste, tuttavia, riflettono un problema più ampio e strutturale: in molte realtà aziendali, la magrezza è ancora associata a successo e competenza. Secondo lo studio “The affective and interpersonal consequences of obesity”, il 45% dei datori di lavoro è meno propenso ad assumere una persona grassa, che spesso riceve anche stipendi più bassi e ha accesso limitato a ruoli di leadership. Nonostante ogni persona abbia il diritto di essere sé stessa, il giudizio sul corpo altrui resta una costante sociale che spesso sfocia in discriminazioni.
Il body shaming però non si limita alla derisione delle persone grasse, ma può colpire ogni tipo di corpo, anche quello percepito come “troppo magro”. Questo fenomeno, meno discusso ma altrettanto dannoso, si manifesta attraverso commenti che, seppur spesso travestiti da preoccupazione per la salute, perpetuano stereotipi che legano il valore personale all’aspetto fisico. Le persone magre possono essere stigmatizzate come fragili, prive di energia o poco attraenti, subendo pressioni sociali e psicologiche che compromettono la loro autostima. Anche in questo caso, il body shaming si basa su standard di bellezza rigidi, dimostrando che ogni corpo, indipendentemente dalle sue caratteristiche, può diventare bersaglio di giudizi non richiesti.
Per favorire la consapevolezza su questo fenomeno e aiutare a riconoscerne le dinamiche, sia come potenziali vittime sia come inconsapevoli artefici, è utile analizzare alcuni esempi di situazioni che lo rappresentano:
- “Sbaglio o sei ingrassato/a?”
- “Hai perso dei chili, ora stai molto meglio!”
- “Dovresti iniziare a fare palestra, perché così sembri uno stecco di legno.”
È importante ricordare che, spesso, le vittime di body shaming finiscono per criticare il proprio aspetto, disprezzando parti del proprio corpo e interiorizzando il fenomeno. Ecco ulteriori esempi di frasi di body shaming:
- “Con questi occhiali sono proprio brutta/o!”
- “Non posso uscire senza trucco.”
- “Ho pochissimi addominali, non voglio andare al mare, mi vergogno.”
Il body shaming sui social
La pratica del body shaming non interessa solo la quotidianità tra le mura di casa, delle scuole, per strada o in azienda, ma si estende anche al mondo digitale, in particolare sulle piattaforme social. Questo tipo di comportamento è particolarmente evidente nei confronti di persone che scelgono di esporsi online, come influencer, content creator o celebrità, spesso impegnate in temi comuni come il make-up o il benessere fisico. Anche persone con l’acne o che hanno affrontato una terapia farmacologica o una gravidanza possono diventare bersagli di commenti offensivi legati ’all’aspetto fisico. Nel contesto della gravidanza, ad esempio, la pressione sociale sul “bounce-back”, ovvero la capacità di recuperare la forma fisica tornando al peso forma, alimenta aspettative irrealistiche e dannose che possono generare stress significativo. Ogni tipo di body shaming, infatti, può provocare insicurezze profonde e, nei casi più gravi, contribuire allo sviluppo di disturbi alimentari.
In questo senso promuovere la body positivity che invita ad accettare, valorizzare e amare ogni corpo nelle sue forme, è un modo per sensibilizzare chi si ha intorno e contribuire ad apportare un cambiamento culturale. Infatti, la salute di un corpo non passa necessariamente dalla magrezza, ma da uno stile di vita sano ed equilibrato.
La prima volta in cui venne utilizzato il termine “body positivity” fu negli anni ’70 in America in difesa delle persone grasse con il “Fat manifesto” del 1973. Da allora, il movimento ha visto attivisti e attiviste impegnati a rivendicare l’importanza di un’esistenza libera da giudizi e discriminazioni legate all’aspetto fisico, sottolineando il valore intrinseco di ogni corpo.
Il body shaming è un reato?
Ad oggi, non esiste nel nostro ordinamento una fattispecie ad hoc che disciplini il body shaming. Tuttavia, talvolta, le condotte singolarmente analizzate possono costituire, a seconda delle modalità e dei casi, illeciti civili o penali. Tra questi: l’ingiuria, gli atti persecutori, la diffamazione, la violenza privata.
Contrastare il body shaming richiede, dunque, un impegno collettivo verso la costruzione di una cultura nuova basata sul rispetto e sull’inclusione.
Per dare spazio a un nuovo modo di vivere e percepire i corpi, è necessario decostruire gli stereotipi esistenti e proporre nuove narrazioni, educare sin dall’infanzia alla diversità, impegnarsi affinché i luoghi di lavoro e le organizzazioni siano pronte ad accogliere e valorizzare ogni persona con le sue caratteristiche uniche.