Il termine intersezionalità viene introdotto nel 1989 dall’attivista e giurista statunitense Kimberlé Crenshaw per denotare ed esplicitare la molteplicità e simultaneità dei sistemi di oppressione che in quel momento coinvolgevano le donne afroamericane. Intersezionale, etimologicamente parlando, indica qualcosa che riguarda contemporaneamente più sezioni. Applicato in ambito delle scienze sociali, si riferisce alla sovrapposizione ed interconnessione di diverse identità o categorie sociali e le relative forme di discriminazione e oppressione.
Intersezionalità: dai primi accenni a oggi
Il concetto di intersezionalità è profondamente legato alla storia femminista e antirazzista. I primi accenni si possono trovare già nel 1851, durante il discorso Ain’t I a woman? di Sojourner Truth – Isabella Baumfree (1797-1883) durante la Women’s convention di Akron in Ohio. Più recente è il testo scritto nel 1977 da Combahee River, il collettivo di femministe e lesbiche nere attivo a Boston tra il 1974 il 1980. Lì viene rivendicata la necessità di tenere insieme, e non disgiunti, i concetti di oppressione, razzismo ed identità.
Arriva poi, come precedentemente citato, il contributo di Kimberlé Williams Crenshaw, la prima ad introdurre ufficialmente il termine utilizzando la metafora del crocevia. Questa spiega che, così come in un incrocio il traffico viene e va in tutte le direzioni e un incidente può essere il risultato dello scontro di più macchine, allo stesso modo la discriminazione e l’oppressione nei confronti delle minoranze non si possano comprendere tenendo in considerazione solamente il genere, la razza o altre categorie in modo indipendente, ma solamente considerandole in maniera interconnessa.
Mano a mano, poi, il concetto si è arricchito grazie al contributo delle riflessioni di studiosi e movimenti. La sociologa Helma Lutz, ad esempio, ha sviluppato degli schemi multidimensionali che includono diverse categorie e “livelli di differenza”. Anche i più recenti studi sulla disabilità o sessualità da parte dei movimenti queer hanno permesso un’ulteriore complessità dell’argomento, attraverso il riconoscimento di diverse categorie identitarie che si incontrano e mescolano nelle varie soggettività.
L’intersezionalità è un elemento sempre più presente anche all’interno delle politiche: la sua istituzionalizzazione nell’Unione Europea è avanzata parecchio da quando è stata inclusa nella strategia UE per la parità di genere 2020-2025. Ad oggi, la maggior parte delle politiche di parità europee comprendono un approccio intersezionale, nonostante però le linee guida per la sua attuazione non siano sempre ben chiare e definite.
Significato di intersezionalità: capiamola meglio
La teoria alla base dell’intersezionalità sostiene che si debba pensare ad ogni elemento o tratto di un individuo non come qualcosa di singolo ed indipendente, ma come un elemento interconnesso agli altri, che proprio in questa interconnessione contribuisce a formare l’identità. Da qui deriva che le forme di oppressione e discriminazione legate ai tratti del singolo – razzismo, sessismo, omofobia, e i diversi pregiudizi basati sull’intolleranza – possono anch’essi agire non in maniera indipendente bensì collegata e simultanea.
La metafora del crocevia di Crenshaw mette in evidenza tre dimensioni importanti da tenere a mente per comprendere a fondo il concetto di intersezionalità. La prima è la molteplicità o pluralità delle differenze che possono coesistere nelle differenti personalità; la seconda è la simultaneità delle oppressioni che non si muovono in un’ottica additiva, come somma di etichette, ma che si combinano ed intersecano contemporaneamente. Il terzo punto considera l’importanza del contesto e del posizionamento del soggetto in un dato luogo e tempo. L’intersezionalità invita a guardare e considerare le interconnessioni laddove si tende a pensare per compartimenti stagni.
In questo senso, infatti, adottare un approccio intersezionale significa comprendere le dinamiche di potere presenti nella società e come queste influenzano gli individui e le comunità. Le esperienze delle persone vengono considerate nella loro interezza, includendo etnia, genere, classe sociale, orientamento sessuale, età, disabilità, ecc. anziché essere ridotte a una singola dimensione.
Attraverso questa lente di analisi, dunque, è possibile elaborare anche politiche più inclusive in grado di assicurare egual rappresentanza.
Contro la discriminazione intersezionale
Le forme di discriminazione intersezionale sono gli atteggiamenti e i comportamenti oppressivi e discriminatori verso gli individui o i gruppi di individui a causa della concomitanza di più fattori. Per esempio, un uomo omosessuale e musulmano può essere vittima di una discriminazione proveniente dal fatto di essere allo stesso tempo omosessuale (orientamento sessuale) e musulmano (appartenenza religiosa), discriminazione che sarà diversa da quella che può subire un uomo eterosessuale musulmano.
Si tratta di un fenomeno che richiede lo sviluppo e l’implementazione di chiare linee guida a supporto dei progetti che trattano e combattono la discriminazione intersezionale. Ma come passare dalla teoria alla pratica?
Nell’ambito del progetto Ingrid – Intersecting grounds of discrimination in Italy del 2022 sono state individuate tre principali aree di lavoro. A livello di ricerca si è visto come, per rispondere in modo ‘olistico’ al problema della discriminazione intersezionale, serva una rivisitazione radicale dell’operato delle organizzazioni nonché il rafforzamento delle capacità di operatrici e operatori sociali per attivare pratiche di sviluppo della sensibilità intersezionale. Dal punto di vista della formazione, il progetto ha mostrato come questa abbia permesso di coltivare un processo di riflessione capace di stimolare una lettura del proprio posizionamento sistemico di sé lungo gli assi di privilegio e potere e una migliore comprensione delle disuguaglianze sistemiche. Infine, in futuro servirà stanziare risorse a lungo termine per garantire la sostenibilità degli sportelli antidiscriminazione e consolidare ulteriormente il lavoro svolto.
Parallelamente, per promuovere il rispetto e l’inclusività nelle aziende l’educazione e la sensibilizzazione sono fondamentali. In questo, Valore D sostiene le organizzazioni e le aziende nella realizzazione di progetti vincenti e fornisce loro gli strumenti per imparare a comunicare consapevolmente e creare luoghi più inclusivi. Un esempio è il libro “Non solo parole”, una guida di 15 termini creata con Feltrinelli Education per riflettere sull’uso e sull’impatto del linguaggio, cercando di non fermarsi alle definizioni, ma andando oltre, per capirne fino in fondo il significato.