Il paradosso delle STEM

Secondo l’Unesco a livello internazionale meno del 30% delle persone che si occupano di ricerca sono donne. Solo il 30% di tutte le studentesse sceglie i campi legati alle STEM nell’istruzione superiore. A livello globale, l’iscrizione delle studentesse è particolarmente bassa nei settori delle ICT (3%), delle scienze naturali, della matematica e della statistica (5%). Sono ancora poche le donne che arrivano ai vertici degli istituti di ricerca, molte di loro decidono di diventare insegnanti invece di proseguire con la carriera accademica. Nei paesi OCSE solo il 13,7% dei depositari di brevetto sono donne.Per ridurre veramente il divario di genere dobbiamo identificare fattori qualitativi, sociali e culturali, che dissuadono le donne dal perseguire carriere in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica.

 

Il gender gap nelle STEM oltre l’Occidente

La percentuale di donne STEM, infatti, cambia sensibilmente a seconda del Paese considerato. Sorprendentemente, sono i Paesi economicamente più avanzati e più attenti alla parità di genere a soffrire di una scarsa presenza femminile nella scienza, nella tecnologia e nella matematica. Per esempio, nel Nord Africa, dove le facoltà scientifiche sono viste come un punto di ingresso verso un settore lavorativo in crescita e anche possibilmente verso un impiego sicuro, le donne sono quasi il 50% delle iscritte alle università scientifiche. La carenza di lavoratori altamente formati ha spinto i governi e le agenzie di sviluppo a supportare gli studi STEM e spesso questi sforzi sono avvenuti proprio negli anni in cui in questo ambito sono nate molte nuove specializzazioni, ancora non connotate, in fase iniziale, da alcun pregiudizio di genere. Ancora, negli stati del Golfo le donne rappresentano il 60% delle iscritte a ingegneria e il 40% della forza lavoro.

 

All’origine del divario

Questi dati a livello globali bastano a smontare lo stereotipo per cui  ci sarebbero materie “da maschi” o “da femmine”. Eppure sono proprio gli stereotipi di genere, le rappresentazioni culturali onnipresenti delle materie STEM come intrinsecamente maschili che riducono l’interesse delle ragazze nei campi tecnici, convincendole del fatto che le competenze correlate a questo ambito non siano a loro congeniali. Il condizionamento che deriva dagli stereotipi di genere, per quanto riguarda la scelta delle carriere professionali, è così forte da renderli delle credenze che si auto-avverano. Inoltre, anche la mancanza di modelli di ruolo visibili e politiche e ambienti poco favorevoli o addirittura ostili possono impedire alle ragazze e alle donne di perseguire queste carriere.

 

Come gli stereotipi condizionano le scelte sin dall’infanzia

Oltre alla forte influenza della scuola e del contesto famigliare, anche i prodotti culturali a cui si accede fin dall’infanzia svolgono un ruolo importante nel fornire messaggi impliciti ed espliciti a piccoli lettori e lettrici che si ispirano alle storie per sognare o decidere cosa fare da grandi. Ma allora quanto sono rappresentate le donne e le minoranze? C’è attenzione alla rappresentazione della diversità?

L’intelligenza artificiale può venirci in aiuto, ma i risultati non sono incoraggianti, stando a un interessante articolo di Donata Columbro su La Stampa. Un team di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Chicago ha usato l’intelligenza artificiale e i dati per misurare la diversity in migliaia di libri per l’infanzia pubblicati dagli Stati Uniti. Il progetto, realizzato dal MiiE Lab (Messages, Identity, and Inclusion in Education Lab), ha mostrato che:

 

– la maggioranza dei personaggi sono maschi bianchi adulti, anche nei libri sulla diversity;

– le donne sono più presenti come illustrazioni che come personaggi parlanti della storia.

Inoltre i ricercatori hanno scoperto, per esempio, che le donne sono più rappresentate nelle immagini rispetto ai testi, tranne nelle collezioni dedicate ai libri con personaggi femminili. Ciò suggerisce che potrebbe esserci un’inclusione simbolica delle donne nelle immagini, senza però un’inclusione sostanziale nella storia reale, secondo i ricercatori.

Il tema diventa particolarmente delicato se pensiamo ai condizionamenti che ne derivano sulle future scelte lavorative e professionali che i ragazzi e le ragazze  faranno. Il World Economic Forum ormai lo ripete da qualche anno: il 65% dei bambini che oggi frequenta le scuole elementari farà lavori che ancora non esistono.
Il report “Future of Jobs 2020” del WEF stima che nei prossimi tre anni, a livello globale, l’evoluzione del mondo del lavoro determinerà la nascita di 97 milioni di nuove opportunità occupazionali, con una forte componente tecnologica. Le competenze STEM sono sempre più richieste: dobbiamo assicurarci che le donne e le ragazze occupino la giusta quota in questi settori e che possano dare il loro contributo, per un futuro più inclusivo.

 

Uno sguardo al futuro: la presenza delle donne sta cambiando la scienza

«Il fatto che oggi ci siano un numero più consistente di donne nel mondo scientifico sta cambiando il modo in cui la scienza viene fatta», scrive Angela Saini nel suo saggio, “Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne” (HarperCollins 2019). Oggi, aggiunge, «vengono poste domande che non erano mai state poste prima, con la conseguenza che le vecchie idee si stanno sgretolando davanti a quelle nuove». Scopri questo e molti altri consigli di lettura su donne  e STEM che abbiamo raccolto in occasione della Giornata Internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza.

Su questo tema Valore D ha realizzato il video spot #ValoreD4STEM per contribuire a ridurre il divario di genere nella Scienza, nella Tecnologia, nell’Ingegneria e nella Matematica – le materie STEM. Già a 6 anni, infatti, le bambine smettono di immaginarsi un futuro nella scienza, a causa del condizionamento degli stereotipi di genere.

 

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