Ci vorranno un centinaio di anni (per la precisione 99,5) per la parità tra uomini e donne secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum pubblicato oggi. E per la parità a livello di accesso alla partecipazione economica addirittura 257 anni. La buona notizia è che quest’anno la disparità di trattamento tra uomini e donne, nel mondo, si è ridotta, ma nessuno di noi vedrà la parità di genere nella vita, e probabilmente nemmeno i nostri figli. Questo è il dato di riflessione del Global Gender Gap Report 2020, che rivela che la parità di genere non sarà raggiunta per 99,5 anni e mezzo a livello globale.
Il Report fornisce una panoramica completa dello stato attuale del divario globale di genere e degli sforzi per colmarlo. Un utile strumento di benchmarking per monitorare i progressi e rivelare le migliori pratiche tra Paesi.
A guidare la classifica del World Economic Forum è l’Islanda, seguita da Norvegia, Finlandia e Svezia. Al quinto posto si trova il Nicaragua, seguito da Nuova Zelanda, Irlanda, Spagna, Rwanda e Germania.
E l’Italia?
Gender gap in Italia, i dati del World Economic Forum
Lo scorso anno ci eravamo guadagnati il 70esimo posto (dall’82esimo posto del 2017), quest’anno siamo scivolati al 76esimo posto su 153 Paesi.
Qual è il motivo? A giudicare dai dati il problema non è tanto nella rappresentanza politica o nella presenza di donne in Parlamento, quanto sulle opportunità e sulla partecipazione alla vita economica, a cui fa seguito la disparità di trattamento salariale che fa di noi i 125esimi in una lista di 153.
In Italia lavora ancora meno di una donna su due. Secondo gli ultimi dati Istat, il divario fra tasso di occupazione delle donne e quello degli uomini è del 18,9%, in Europa fa peggio solo Malta. Se le donne hanno figli, la situazione peggiora: l’11,1% delle madri con almeno un figlio non ha mai lavorato.
Sull’Italia pesa anche il divario salariale fra uomini e donne a parità di livello e di mansioni. Nel 2019 il calo dall’8,8% al 7,4% non ha portato l’Italia fra i Paesi più virtuosi in Europa. E più le donne studiano, più aumenta il divario: se un laureato uomo guadagna il 32,6% in più di un diplomato, una laureata guadagna solo il 14,3% in più. Non solo. Le donne faticano a fare carriera e la percentuale di donne fra professionisti e manager non ci agevola a scalare di qualche posizione la classifica.
In particolare, le difficoltà si rintracciano nei posti di lavoro in cui sono maggiormente rappresentate le donne – nel commercio al dettaglio e nel settore impiegatizio – più penalizzati dalla progressiva automazione. E le donne non rientrano in quelle professioni dove la crescita dei salari è stata più significativa (nel settore STEM in particolare). Infine sono le più svantaggiate dalla mancanza di infrastrutture di assistenza e dalla difficoltà di accesso al capitale.
Educazione e Politica
Sul fronte dell’educazione l’Italia sembra essere ben posizionata, con un ranking 55 su 149 Paesi, stessa cosa si dica sul fronte della politica, anche se siamo scesi da 38 a 44esimo Paese. Insomma a conti fatti c’è ancora molto da fare, soprattutto se ci confrontiamo con gli altri Paesi europei. In particolare dove resta molto da fare, in campo lavorativo, è la scarsa partecipazione femminile al settore della tecnologia dell’intelligenza artificiale: sulla base dei dati Linkedin solo il 28% della forza lavoro è composta da donne. Lo spazio da recuperare è quindi molto più ampio che in altri settori.
Le sfide per risolvere una diseguaglianza che pesa su tutti sono sostanzialmente due: sostenere l’inserimento lavorativo delle donne nei settori del futuro, perché questo significa anche stimolare la crescita economica. E poi colmare il divario tra competenze e assunzioni: spesso infatti i datori di lavoro spesso preferiscono ancora assumere un uomo. Creare una cultura di lavoro più inclusiva e a supporto delle donne lavoratrici – è quindi necessario per un futuro più paritario.