Da due anni in Islanda vige la legge sulla parità salariale fra uomo e donna. Secondo la normativa, entrata in vigore il primo gennaio 2018, imprese e istituzioni potevano adeguarsi alla nuova norma in maniera graduale: tuttavia, il 2020 è l’anno limite per le aziende con più di 25 dipendenti per mettere in atto la legge, con multe fino a 450 euro per ogni trasgressione. Per le piccole aziende invece la scadenza è nel 2025. La norma, quindi, impone di garantire le pari opportunità ed eliminare ogni discriminazione di genere, pena la sanzione pecuniaria.
D’altra parte l’Islanda non è nuova a misure che promuovano l’uguaglianza tra uomo e donna tanto che negli ultimi nove anni è stata al primo posto del Global Gender Gap Report stilato annualmente dal World Economic Forum. In particolare il report sottolinea come il Paese sia il top performer in fatto di partecipazione politica ed economica delle donne. Per quel che riguarda la differenza salariale, invece, l’Islanda appariva al quinto posto nell’edizione relativa al 2018. D’altronde, la prima donna al mondo a ricoprire la carica di presidente della Repubblica è stata proprio l’islandese, Vigdís Finnbogadóttir, nel 1980. E anche ora, Katrín Jakobsdóttir è primo ministro dell’Islanda in carica dal 30 novembre 2017.
Il gap in Europa
Quest’anno l’Europa ha celebrato l’Equal Pay Day il 4 novembre in quanto questo sarebbe il giorno in cui le donne smettono simbolicamente di essere pagate rispetto ai loro colleghi maschi per un anno dello stesso lavoro. Le lavoratrici dell’Unione europea guadagnano ancora in media il 16% in meno rispetto ai lavoratori. La Commissione europea ha deciso di pubblicare per l’occasione un report sul gender pay gap, evidenziando come il fenomeno sia ancora presente nell’Unione e parlando di possibili soluzioni e della posizione dell’opinione pubblica a riguardo. “Sono passati 60 anni da quando il principio della parità retributiva è stato scritto nei trattati europei, eppure le donne europee lavorano ancora gratis per due mesi rispetto ai loro colleghi maschi e i progressi sono troppo lenti” hanno dichiarato le istituzioni europee.
E in Italia?
In Italia, la differenza salariale fra uomo e donna rimane un problema sociale acuto: in media la differenza salariale tra donne e uomini nel settore privato è del 20,7%. Anche in Italia, naturalmente, la legge prevede la parità retributiva fra uomini e donne. Non solo. Nel nostro Paese è in vigore anche l’articolo 46 del Decreto Legislativo 11 aprile 2006 n. 198 (ex art. 9 L. 125/91), (modificato dal D. Legislativo 25 gennaio 2010 n. 5 in attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione). Articolo che prevede che «Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni e in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta».
L’Islanda, quindi, non ha inventato nulla che noi non avessimo già. La questione è solo far applicare le norme una volta che sono state approvate dal Parlamento.